Nel 1912 il calcio in Italia era ancora uno sport dilettantistico. Solo dopo la prima Guerra Mondiale, con l’avvento del Fascismo, il movimento esplose definitivamente in tutta la Penisola. William Garbutt, ex ala destra, dopo aver chiuso pochi mesi prima, a 29 anni, la carriera da calciatore tra Reading, Woolwich Arsenal e Blackburn, giunge a Genova per guidare la squadra che, dopo i 6 scudetti tra il 1898 e il 1904, aveva grande ambizione di tornare a vincere. Alla guida dell’ambizioso Genoa Cricket and Football Club diventa il primo allenatore professionista del nostro campionato e il primo ad essere chiamato con l’appellativo di “Mister”, modo in cui veniva salutato e indicato, appunto Mister Garbutt. La sua figura è decisiva nello sviluppo del calcio italiano. Dall’Inghilterra importa nuovi metodi di allenamento (dando particolarmente risalto all’aspetto fisico), ideando tattiche e strategie innovative che cambiano in modo rivoluzionario l’approccio alle partite. Alla guida della squadra ligure vince tre scudetti. Con lui in panchina, il Genoa CFC conquista il titolo del 1914-15 e, dopo la sosta causata dalla Prima Guerra Mondiale, quelli del 1922-23 e 1923-24. Dopo neanche un anno dal suo arrivo nella Penisola, la Commissione Tecnica nominata dalla Federazione Italiana Giuoco del Calcio gli affida la guida della Nazionale per 6 gare, dal 1913 al 1914.
Le prestazioni di Garbutt sono ricompensate con un ingaggio di 2500 lire al mese. Chiusa l’esperienza in terra ligure, nel 1927, Garbutt passa alla neonata A.S. Roma, con la quale vince subito una Coppa Coni. Nel 1929 viene chiamato dal presidente Ascarelli alla guida del Napoli, per partecipare al primo campionato della serie A a girone unico. A Napoli rimane complessivamente 6 anni (1929-35), raggiungendo per ben due volte il terzo posto in campionato. Ed è proprio durante l’esperienza all’ombra del Vesuvio che Garbutt conosce l’Irpinia. L’episodio è raccontato dal libro di Paul Edgerton: “Wiliam Garbutt, il padre del calcio italiano”. Edgerton scrive: “Era tradizione che il Napoli assegnasse delle medaglie ai componenti della squadra alla fine della stagione. Un giocatore, Athos Zontini, non poteva essere presente alla cerimonia per ricevere personalmente la sua medaglia, quindi suo padre affrontò il viaggio per riceverla in sua vece. Garbutt accolse calorosamente Zontini senior e i due ingaggiarono una vivace conversazione su ogni tipo di argomento. Garbutt chiese all’uomo dove viveva e ascoltò con attenzione il signor Zontini che gli parlava di Bagnoli Irpino e delle bellezze naturali intorno al paese, della sua aria pura di montagna e dei boschi che lo circondavano”.
Garbutt rimane colpito dalla descrizione della zona e pensa subito alla moglie, la quale soffre di asma. Quale posto migliore dove poter respirare aria buona? Edgerton continua: ”Anna Garbutt soffriva molto di asma e suo marito sapeva che l’aria pulita e frizzante sarebbe stata più salubre di quella che si respirava in una città come Napoli. Garbutt chiese al Signor Zontini se era possibile raggiungere Bagnoli Irpino e tornare a Napoli nella stessa giornata. Dopo che gli fu assicurato che si poteva fare, decise di andare a dare un’occhiata al posto. Rimase bene impressionato da quello che vide e, tornato da Anna, le descrisse il paese in termini entusiastici. Lei rimase affascinata dalla descrizione e la coppia prese la decisione di stabilirsi lì”. Le novità in casa Garbutt, però, non finiscono qua. È sempre Edgerton a svelare il retroscena che succede poco dopo l’arrivo dei Garbutt in quel di Bagnoli Irpino: ”Poco dopo il loro arrivo, Anna si trovava in casa e sedeva accanto a una finestra aperta a prendere un po’ d’aria fresca quando udì una risata e il canto di una ragazza. Fu così che fece la conoscenza di una bambina di otto anni, Maria Concetta Ciletti, la figlia di una famiglia che viveva nello stesso edificio e nel corso dei giorni e delle settimane successive le due diventarono grandi amiche. Maria era lieta di aiutare la lady inglese in alcuni piccoli lavori domestici. Da parte sua, Anna godeva della compagnia di Maria mentre William era assente da casa per svolgere il suo lavoro al Napoli. William e Anna non avevano avuto altri figli dopo Stuart, e Maria poteva essere considerata la figlia che Anna aveva desiderato. Il rapporto era di reciproco beneficio. La madre di Maria era morta l’anno precedente e senza dubbio Anna le donava l’affetto materno che le mancava tanto. Soddisfatto dall’appagamento della moglie nel nuovo ambiente, Garbutt poté concentrare tutte le sue energie sull’imminente stagione del Napoli”.
Il rapporto tra Anna e Maria diventa talmente affettivo che alla fine la coppia decide di adottare la ragazza, togliendola praticamente da una condizione di miserevole povertà. La famiglia Garbutt rimane in Irpinia fino al 1935, anno in cui William Garbutt, una volta lasciato il Napoli, si trasferisce in Spagna, all’Atletico Bilbao. La famiglia, invece, secondo Edgerton, si trasferisce nuovamente nella cittadina partenopea. Ritornato in Italia per via dello scoppio della guerra civile in Spagna, Garbutt allenerà il Milan (1936-37), prima di ritornare nuovamente sulla panchina del Genoa (1937-40). Lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale costringe la famiglia Garbutt a girovagare per l’Italia nei vari campi di concentramento. La vita fatta di stenti (gli erano stati confiscati tutti i suoi guadagni), la morte della moglie a causa di un bombardamento alleato non fanno altro che debilitare fortemente l’anziano tecnico (classe 1883). Terminata la grande guerra, Garbutt torna per la terza volta sulla panchina dell’amato Genoa (1946-48), ma con scarsi risultati. Una volta terminata la carriera da allenatore decide di ritornare definitivamente in Inghilterra, senza la sua moglie ma con Maria Ciletti al suo fianco, che assisterà il suo padre adottivo fino alla sua morte, avvenuta il 24 febbraio del 1964. William Garbutt: il padre del calcio italiano innamorato dell’Irpinia.