Arrivato in Irpinia nell’estate del ’63 con lo scopo di portare nuovamente i lupi in serie C, Giunchi, oltre ad agguantare subito l’obiettivo, è stato sicuramente un tecnico che ha dato continuità ad una piazza che a cavallo degli anni ’60 tergiversava tra serie C e IV serie. Tre stagioni sullo scanno biancoverde condite da una promozione in serie C (1963/64), oltre a due ottimi piazzamenti (6° e 4° posto) nei due anni successivi in terza serie. Dopo una modesta carriera da calciatore (nel 1944/45 gioca nelle fila del Chieti), Giunchi appende presto le scarpette al chiodo per intraprendere subito la carriera da allenatore. Nato a Vezzano Ligure (La Spezia) il 1° gennaio del 1920, Giunchi inizia ad allenare nel profondo Sud, in Calabria. Il nuovo percorso professionale inizia sulla panchina della Gioiese (Gioia Tauro), per poi continuare con le esperienze di Taurianova e Reggina. Ma è con la Vibonese che Giunchi inizia a mietere le prime importanti soddisfazioni. Nel 1957 conquista una storica promozione in IV serie con il club di Vibo Valentia, ottenendo l’anno successivo una difficile salvezza, poi cancellata da una crisi societaria che porta la squadra calabrese alla retrocessione d’ufficio. Dopo l’ottimo biennio con la Vibonese, nel 1959, Giunchi approda al Potenza, in serie D. Dopo un anno di assestamento (10°), nella stagione 1960/61 il club lucano conquista la promozione in serie C, sfiorando, nella stagione seguente, addirittura la promozione in serie B (3°). L’esaltante campionato sulla panchina lucana attira le attenzioni di club blasonati. La spunta il Lecce che per puntare al salto di categoria affida la panchina proprio al tecnico ligure. Le cose, però, non vanno come dovrebbero andare e il tecnico viene esonerato dopo 12 gare. Passano alcune giornate e il tecnico ritorna nuovamente in sella, questa volta sulla panchina della Salernitana (all’epoca un allenatore poteva allenare due squadre nella stessa stagione). La squadra campana, con Giunchi in panchina, scala la classifica arrivandosi a giocare la promozione in B contro il Potenza, persa poi solo nel finale di campionato.
1963/64 Avellino
I lupi d’Irpinia sono nuovamente ripiombati in IV serie. La pessima stagione 1962/63 si era chiusa con l’Avellino ultimo in classifica e un via vai di allenatori: Marsico, Pulcinella, Vianello, ancora Pulcinella e Greco. Ai nastri di partenza del campionato 1963/64, la dirigenza punta nuovamente alla promozione e, nonostante una non felicissima situazione economica, ingaggia uno dei tecnici più importanti del momento: Giunchi. La squadra riparte dai riconfermati Bancaro, Da Dalto, De Falco, Lucchetti e Montelli, oltre al capitano Grappone; vanno via Bazzarini, Stornaiuolo, Perli e la bandiera Del Gaudio. Per puntare nuovamente alla rapida risalita in serie C, la dirigenza acquista Trulla e Cantarini (freschi vincitori del campionato di IV serie con la maglia dell’Empoli), Pengo, Berlasso e il duo Mascia-Quaiattini dal Potenza, che rinunciano alla serie B appena conquistata con la squadra lucana per approdare al Piazza d’Armi. Piazza d’Armi che diventa vero fortino inespugnabile per la squadra biancoverde che colleziona 14 vittorie e 3 pareggi, senza uscire mai sconfitto tra le mura amiche. Il testa a testa con la Nocerina si risolve solo a 90’ dal termine a favore dei lupi che brindano, così, all’immediato ritorno in terza serie. Miglior attacco (44 reti realizzate), su tutti ha brillato il golden-boy Console (classe 1944), autore di ben 10 reti, e terza miglior difesa del campionato (20 reti al passivo).

1964/65 Avellino
Il presidente Abate non vuole sfigurare in serie C e riconferma sullo scanno biancoverde il tecnico ligure. Rimangono in pochi (Cantarini, De Falco e Trulla), poi la squadra della promozione viene praticamente smantellata. Arrivano elementi di “categoria” come Boschi, Di Pucchio, Gasparini, Ghirardello, Riti e Selmo; a cui si aggiungono giovani di belle speranze come gli attaccanti Ive e Mujesan. Proprio quest’ultimo, sotto la guida di Giunchi, si laurea capocannoniere del girone con 15 reti. All’Avellino manca sempre il guizzo decisivo per piazzarsi a ridosso delle prime e nonostante un campionato di media-alta classifica, sull’allenatore piovono critiche riguardanti l’atteggiamento poco propositivo della squadra e l’utilizzo sbagliato di alcuni giocatori. Nonostante questo, l’Avellino chiude il campionato al sesto posto in classifica, a pari merito con il Trapani. Nelle ultime due gare di campionato, Giunchi, su incarico di Abate, viene sostituito in panchina dal secondo Pulcinella perché inviato in giro per l’Italia a visionare alcuni calciatori da inserire in rosa nella stagione seguente.

1965/66 Avellino
L’Avellino cerca conferme ai nastri di partenza della stagione 1965/66. A differenza dell’anno precedente dove fu attuata una vera propria rivoluzione, in questo campionato non vengono fatti grandi stravolgimenti. La squadra viene riconfermata quasi in blocco (compreso Mujesan), a cui si aggiungono i vari Abbatini, Versolato, Bruschettini, Paparelli e Recchia. La squadra di Giunchi parte bene (6 punti nelle prime quattro gare), poi entra in crisi di risultati tanto da chiudere il girone d’andata con soli 13 punti conquistati. Nel ritorno, i biancoverdi cambiano rotta e totalizzano la bellezza di 23 punti, che permettono i biancoverdi di fare un grosso balzo in classifica, tanto da chiudere la stagione al quarto posto (insieme a Taranto, Casertana e Bari). Il Piazza d’Armi si conferma ancora una volta inespugnabile (10 vittorie, 6 pareggi e una sconfitta). La squadra di Giunchi, grazie ai 16 sigilli di Mujesan, si conferma come una delle più prolifiche del campionato.
1966/67 Avellino
Dopo due ottimi piazzamenti conquistati dopo il ritorno serie C, Giunchi viene nuovamente confermato sulla panchina biancoverde. Dopo la campagna acquisti, che aveva visto l’Avellino privarsi del suo uomo migliore, Mujesan, e le prime amichevoli pre-campionato, come un fulmine a ciel sereno arriva l’addio del tecnico. La sempre costante difficoltà economica della società sembra essere il motivo principale per cui il tecnico ligure lascia l’Irpinia, probabilmente alla ricerca di nuovi lidi più ambiziosi di quello irpino: “È stata una decisione meditata e molto amichevole. I dirigenti già sapevano che avevo avuto delle interessantissime proposte da un’altra società e sapevano anche la portata finanziaria di queste proposte. Si tratta di una cifra considerevole che l’Avellino non può assolutamente raggiungere per cui da buoni amici si è giunti alla decisione di troncare i rapporti. Mi dispiace immensamente lasciare Avellino dove in questi tre anni sono diventato di casa e sono convinto che difficilmente potrò dimenticare questi tre bellissimi campionati”. Giunchi lascia, così, Avellino dopo tre stagioni con all’attivo una promozione in serie C e due facili salvezze in terza serie. Chiude il triennio con 102 presenze in panchina: 44 vittorie, 33 pareggi e 25 sconfitte. La sua eredità è stata senz’altro quella di aver dato solidità e stabilità ad una squadra e ad un’ambiente sconfortato dal continuo sali-scendi tra serie C e serie D.

Chiusa l’esperienza avellinese il tecnico rimane senza squadra. Subentra all’ottava giornata sulla panchina del Taranto, ma l’esperienza in Puglia non è delle più felici. Il tecnico, infatti, viene esonerato alla 25°, uscendo sconfitto anche al Piazza d’Armi in un Avellino-Taranto 3-0. Rimane inattivo per poco tempo, poi alla 28° giornata arriva la chiamata della Casertana (sempre in C), dove chiude il finale di stagione al terzo posto in classifica insieme al Taranto, dietro al Bari, vincitore del campionato, e all’Avellino, secondo. Domenica 4 giugno 1967, Giunchi, al volante della Giulia GT Alfa Romeo prestatagli dal presidente della Casertana, Moccia, raggiunge Viareggio dove assiste alla finale Berretti tra Casertana e Cesena, vinta dai “falchetti”. Invece di rimanere a dormire in albergo, il tecnico riparte nuovamente alla volta di Caserta. Non si conoscono i motivi (forse un malore o un colpo di sonno), ma sul finire del viale Carlo III, a due passi dalla Reggia, la macchina di Giunchi sbanda paurosamente sulla sinistra andando a schiantarsi contro un platano. Nell’urto violentissimo, la vettura su schiaccia completamente nella parte anteriore, Giunchi, invece, viene sbalzato per oltre cinquanta metri, decedendo quasi immediatamente per una frattura della base cranica e per le gravissime lesioni agli organi interni. La salma dell’allenatore viene esposta nella sede sociale del club, dove era stata allestita la camera ardente. Al funerale, cui partecipano migliaia di persone, c’è anche una delegazione irpina composta dal presidente Abate, l’allenatore Piacentini e alcuni atleti in divisa. La scomparsa di Giunchi commuove profondamente l’ambiente sportivo, con il tecnico che era subito entrato nelle grazie del presidente casertano, Moccia, che gli stava affidando una squadra in grado di competere per la promozione in B. Proprio grazie alla mediazione di Giunchi, erano già arrivati calciatori in grado di puntare al salto di categoria come i vari Selmo, Recchia e Ive (dall’Avellino), oltre a Cominato e Minto dalla Salernitana. Tecnico serio e preparato, Giunchi aveva lasciato sempre un buon ricordo nelle piazze in cui aveva allenato, ed è stato anche grazie a lui che una piazza come Avellino è diventata nel giro di poco tempo come una delle più importanti dell’intera serie C.
