Basta davvero poco per capire chi è stato Ramon Diaz, uno dei migliori prodotti argentini degli anni ’80, e la sua volontà nel diventare calciatore. Andando sul suo sito personale campeggia questa frase: “Sin da quando era un bambino, il suo desiderio era quello di diventare un giocatore di calcio. Anche se suo padre sapeva che non sarebbe stato facile, non ha mai rinunciato al suo sogno”. Un sogno che l’ha portato a segnare oltre duecento reti in carriera, dal Sud America all’Asia, passando per l’Europa: una sorte di eroe dei tre mondi. Diaz nasce a La Roja il 29 agosto del 1959, ma da piccolo si trasferisce con la famiglia nel barrio Graun Bourg di Buenos Aires, città che dista più di mille chilometri da quella nativa. A dieci anni entra nelle giovanili del River Plate, il 13 agosto del 1978 esordisce in massima serie in un River-Colon 1-0, impiegando due settimane per timbrare la prima marcatura contro il Quilmes. La prima affermazione importante avviene nel 1979, quando insieme a Maradona vince il campionato del Mondo U20. Diaz riesce nell’impresa di siglare otto reti in sei partite. L’anno d’oro 1979 si chiude con la vittoria del titolo da parte del River e l’esordio in nazionale maggiore. Dopo le buone stagioni disputate in patria con il River Plate (57 reti in 123 gare), nel 1982 passa al Napoli, subito dopo i Mondiali di Spagna giocati con la propria Nazionale. La squadra partenopea mette sul piatto due miliardi e duecento milioni di vecchie lire per accaparrarsi il piccolo puntero argentino (1,71x 67). Attaccante rapido negli spazi stretti, rapinatore d’area dal sinistro preciso, al suo arrivo a Napoli gli chiedono del suo scarso gioco di testa, lui risponde più o meno così: “La cabeza no es importante, la cabeza serve per jugar”. Con la casacca biancoazzurra rimane una stagione, l’annata del Napoli è deludente sia in Campionato (10° posto a pari punti proprio con l’Avellino) che in Coppa UEFA (sedicesimi di finale); Diaz non brilla e chiude l’anno con appena 3 reti in 25 presenze, più altre 5 reti tra Coppa Italia e Coppa UEFA.
1983/84
Nell’estate del 1983, con troppa precipitazione, il Napoli decide di disfarsi del puntero argentino per far posto a Dirceu e confermare Krol. Dopo un periodo da terzo incomodo, e con il rischio di rimanere fermo una stagione (“un’attaccante come lui non troverà mai spazio in una mia squadra” dirà l’allenatore partenopeo Santin), solo sul finire di agosto le due squadre trovano l’intesa per il passaggio dell’argentino in biancoverde. Avellino e Napoli attuano uno scambio di comproprietà: Favero al Napoli (ma un altro in Irpinia) e Diaz all’Avellino, entrambi vengono valutati 1,7 miliardi di lire. Ma guai a parlare di declassamento, Diaz non la pensa per nulla così: “L’importante non è essere tesserato con un grosso club ma di giocare e di dimostrare di avere la classe per rendere come i tifosi aspettano. La mia promessa è di segnare quanti più gol possibili, non per la salvezza ma per dare all’Avellino una classifica tranquilla”. Salvezza che ad Avellino vuol dire scudetto. Lo stesso vale per i tifosi irpini accorsi in massa per acclamare il nuovo bomber: “Ho trovato tanti tifosi entusiasti, mi è sembrato di rinascere. Dopo la calda accoglienza che ho avuto, mi sono reso conto che quello avellinese è un ambiente passionale del tipo sudamericano. Mi hanno fatto dimenticare d’incanto un anno sofferto tinto da cocenti umiliazioni. Con l’Avellino voglio dimostrare che Diaz non è affatto un calciatore finito”. Diaz esordisce ufficialmente il 31 agosto 1983 in un Inter-Avellino 3-1 di Coppa Italia, ma causa il ritardo di condizione le sue prime apparizioni sono tutte da subentrato. Undici minuti contro il Milan nella prima di campionato (assist vincente del 4-0 fornito a Colomba), trentasette contro l’Ascoli (dove sigla la prima rete in biancoverde su punizione) e ventitré contro l’Udinese. La prima di titolare avviene alla 4° giornata, quando l’Avellino esce sconfitto nel derby contro il Napoli. Alla 5° finisce in panchina, la sua esclusione, infatti, causa non pochi malumori tra la tifoseria. Poi, causa un infortunio, rimane ai box per poco più di un mese. Quando ritorna in campo non ritrova più Veneranda, esonerato dopo nove giornate e con otto punti all’attivo. Uno dei motivi dell’esonero pare fosse proprio il poco utilizzo di Diaz.
Chi punta sull’argentino è il nuovo tecnico Bianchi: “Conto sui gol di Diaz”. La fiducia del nuovo tecnico viene subito ripagata. Messo da parte il dualismo iniziale con Bergossi, Diaz diventa il perno centrale dell’attacco irpino. Contro la Roma, alla 12°, sigla la sua seconda rete in campionato; ben più pesante quella realizzata all’Ascoli (2-1, 17°), rete decisiva ai fini della vittoria, ma che permette soprattutto all’Avellino di ritrovare i due punti dopo un digiuno durato dieci gare (7°-17°). Alla 19°, contro il Napoli, si consuma la “vendetta” dell’argentino. È proprio lui a firmare la rete decisiva che permette all’Avellino di far suo il derby-salvezza: “Non è stato il gol della vendetta. È stato un gol importante che vale due punti per la mia squadra. Lo dedico al pubblico avellinese che ha saputo aspettarmi e capirmi”. È il momento più positivo della stagione per Diaz, l’attaccante trova la via della rete anche contro il Torino (20°) e il Genoa (21°): quattro reti in cinque gare, dalla 17° alla 21°. L’ultima rete stagionale arriva alla 27°, quando Diaz firma la rimonta contro la Roma (2-2). Grazie ad un ottimo girone di ritorno (16 conquistati contro i 10 dell’andata), l’Avellino di Bianchi si regala la salvezza ad una giornata dalla fine. Diaz chiude la prima stagione in biancoverde con all’attivo 24 presenze e 7 reti, 1.937 minuti giocati e una media voto di 6,26.
1984/85
La stagione 1984/85 si apre con la forte convinzione di riscattare l’attaccante argentino. Sia la società (“Andremo alle buste per Diaz”) che il nuovo allenatore Angelillo (“Lui e Barbadillo sono una coppia eccezionale”) puntano forte sul “El Pelado”. L’Avellino non si lascia sfuggire la ghiotta occasione, e mette sul piatto circa tre miliardi per riscattare Diaz e Favero (poi ceduto alla Juventus) dal Napoli. L’annata dell’argentino parte sotto i buoni auspici, due reti, contro Inter e Ascoli, nelle prime cinque giornate. La vena realizzata dell’attaccante però dura poco. Nella parte centrale del campionato, Diaz, così come Barbadillo, riamane a secco di realizzazioni, con Angelillo costretto a puntare sulla buona vena di Colombo. Stessa sorte per Faccini (prima riserva di Diaz) poco utilizzato, nonostante l’astinenza al gol dell’argentino. Diaz ritrova la via della rete, inutile, alla 18° giornata contro la Juventus (rete del momentaneo 1-1). A quattro giornate dalla fine la squadra di Angelillo è ancora in piena corsa per la salvezza, la sconfitta di Torino (2-0 alla 26°) condanna l’Avellino al terzultimo posto in classifica a pari merito con l’Ascoli.
La partita che vale una stagione è quella contro la Sampdoria. Sotto di una rete, la squadra di Angelillo riesce nell’impresa di ribaltare il risultato, Diaz sigla la rete più importante della stagione firmando quella del pari, un’autorete di Renica regala poi i due punti salvezza. La matematica permanenza arriva solo a due giornate dalla fine, quando i verdi espugnano l’Olimpico contro la Lazio. Diaz firma la sua ultima rete stagionale nell’ultima di campionato contro i neo campioni d’Italia del Verona. Chiude la stagione con all’attivo 27 presenze e 5 reti, 2.316 minuti giocati e una media voto di 6,30.
1985/86
La stagione 1985/86 si apre con grosse novità. Nonostante la salvezza conquistata, Angelillo non viene riconfermato, al suo posto arriva il santone jugoslavo Ivic. La seconda riguarda proprio Diaz che, causa l’addio di Tagliaferri, viene nominato capitano. La fascia al braccio, infatti, sembra dar nuova linfa al puntero argentino che nelle prime nove giornate realizza la bellezza di cinque reti. Le sue vittime sono il Verona (2°), l’Udinese (5°), la Roma (6°, dove firma il gol vittoria) e la Sampdoria (9°). La doppietta, l’unica in maglia verde, firmata contro i blucerchiati, porta Diaz sul podio dei cannonieri della massima serie dietro a Rumenigge (7) e Serena (6). Un infortunio blocca l’attaccante nel momento migliore, quando ritorna in campo, dopo quasi un mese di assenza, Diaz perde la confidenza con la porta. Anche l’andamento altalenante della squadra non aiuta l’argentino che rimane a secco di marcature per 10 giornate (10°-19°). Alla 20°, contro l’Udinese, Diaz ritrova la via della rete, ripetendosi anche la giornata seguente contro la Roma. Alla 22°, complice il pari interno contro il Pisa, si registra l’esonero del tecnico Ivic. Tra i motivi che portano all’allontanamento dell’allenatore, c’è un rapporto ormai logorato tra lo stesso Ivic e i calciatori.
Comunque, le buone prestazioni dell’attaccante non passano inosservate, infatti, In vista degli imminenti Mondiali in Messico, l’allenatore argentino Biliardo colloca anche Diaz tra i possibili “papabili”. L’epilogo del campionato, invece, è in crescendo sia per l’Avellino sia per Diaz. La squadra di Robotti colleziona punti pesanti in chiave salvezza, merito anche di Diaz che realizza sul finire del campionato reti pesanti contro Lecce (26°), Fiorentina (28°) e Bari (29°). Particolarmente significativa fu la rete siglata contro il Bari. Grazie a quella marcatura, Diaz permise all’Avellino di agguantare la salvezza con una giornata d’anticipo, facendogli chiudere la stagione in doppia cifra (mai successo ad un calciatore dell’Avellino in serie A). L’ottima stagione di Diaz ci chiude con 27 presenze e 10 reti, 2.278 minuti giocati ed una media voto di 6,42. Nonostante l’ottimo campionato, il migliore disputato con la casacca biancoverde, il ct della Nazionale argentina, Biliardo, non convoca Diaz per i Mondiali di Messico ’86 (vinto proprio dagli argentini) preferendogli il leccese Pasculli. Nemmeno una settimana dopo la fine del campionato arriva la firma sul contratto con la Fiorentina. Dopo un lungo tira e molla con la Lega, che inizialmente non aveva ratificato l’accordo, arriva l’ufficialità della cessione: l’Avellino incassa 3 miliardi di lire più il calciatore Cecconi. Dopo tre anni si chiude definitivamente l’avventura di Diaz in Irpinia: 78 gare e 22 reti in campionato (0,28 di media), cui si aggiungono le 14 presenze ed un gol in Coppa Italia, per un totale di 92 presenze e 23 reti. Rimane il calciatore ad aver segnato più reti in massima serie con la casacca biancoverde: “Nel mio cuore resterà il ricordo di tre anni di battaglie e di gioie con l’Avellino”. In Italia lo chiamavano “El Puntero Triste” per quel suo modo di essere sempre malinconico ma allo stesso tempo spietato sotto porta. Ma triste non lo è mai stato. Al cuore Ramon.