Ottavio Bianchi: la sua esperienza ad Avellino (1983/84)

Il nome di Ottavio Bianchi ci riporta indietro nel tempo e precisamente al campionato 1983/84. La stagione non era iniziata sotto i buoni auspici con l’arresto del presidente Sibilia e della conseguente crisi societaria che ne era derivata. I malumori serpeggiano fin da subito anche tra la tifoseria, con la piazza che ben presto si schiera contro Veneranda. Il tecnico, nonostante gli otto punti conquistati nelle prime nove gare, viene esonerato dopo la sconfitta interna la Sampdoria.  Dopo aver sondato gli ex Marchesi e Carosi la società alla fine opta per Bianchi. Per il tecnico bresciano (dopo un’ottima carriera da calciatore che lo aveva visto indossare, tra le altre, le maglie di Napoli e Milan) è il battesimo del fuoco nelle vesti di allenatore in massima serie dopo aver fatto la gavetta tra Siena (C2); Mantova (C1), Triestina (C1) e Atalanta (C1 e B). Nel suo libro “Sopra il Vulcano” scritto insieme alla figlia Camilla, Bianchi ricorda la sua esperienza in biancoverde nel capitolo “Caffè con Sibilia”:  <<Arrivo ad Avellino a campionato in corso, nell’inverno del 1983 (22 novembre, ndr). La città porta ancora i segni del terremoto che tre anni prima aveva devastato l’Irpinia. La ricostruzione langue, i palazzi del centro storico sono transennati, quando la sera esco a fare due passi vengo regolarmente fermato dalle guardie che vigilano sulla zona rossa e mi invitano a fare attenzione. La squadra va male, rischia di finire in serie B, Giacinto Pelosi, l’avvocato presidente che diventerà un caro amico, al mio arrivo mi presenta ai calciatori schierati al centro del campo. “Il signor Bianchi è un duro”, avverte. “E quello che ci vuole per questa squadra”. La definizione non mi piace, anche se a forza di sentirla ripetere ci ho fatto l’abitudine. “Pretendo solo che ognuno faccia il proprio dovere”, spiego ai ragazzi.>>

Bianchi si presenta alla squadra durante il suo primo allenamento al Partenio

Bianchi approda in Irpinia in un periodo particolare a livello societario. Con Sibilia in carcere il ruolo di presidente viene assolto da Pelosi: ”Antonio Sibilia, il costruttore che dagli anni Settanta era proprietario della squadra, insisteva per incontrarmi. Era agli arresti domiciliari in clinica, accusato di essere il mandante del tentato omicidio del procuratore della Repubblica di Avellino, Antonio Gagliardi. Accusa dalla quale fu poi assolto. Giacinto (Pelosi, ndr) mi riferiva delle insistenze del patron, ma io continuavo a rimandare l’appuntamento. Un giorno mi faccio convincere e vado a trovarlo con il presidente. In fondo a un corridoio vedo un gran via vai. Gente che va e viene da una stanza. Mi affaccio alla porta e noto un signore seduto in poltrona, vestaglia di seta e foulard al collo, si sbraccia e mi chiama per nome. “Ottavio, finalmente ti conosco.” Mi viene incontro e mi abbraccia. “Sei sempre stato il mio idolo anche quando giocavi.” Nella stanza ci sono due poliziotti, hanno appoggiato le armi su un tavolino. In un angolo, un fornelletto da campeggio e una caffettiera fumante. “Guagliù, ascite un poco fuori che devo parlare con Ottavio”, dice agli agenti. I due escono. Ci accomodiamo, beviamo un caffè e Sibilia inizia a parlare. Mi racconta della società, della sua storia, dei dirigenti, dei calciatori che ha comprato e di quelli che si starebbero vendendo le partite. “Questi stronzi li ho presi per salvarci e mo’ si vendono le partite.” Bel guaio. Fosse stato vero, avrei potuto far poco, Senza prove, come potevo accusarli? Eppure avevo la sensazione che qualcosa non andasse nella squadra e ora Sibilia mi metteva la pulce nell’orecchio. In ritiro parlo coni giocatori. “Mi hanno detto che tra voi c’è chi vende le partite. Non ho le prove ma le fonti sono autorevoli. Comunque sappiate che io guardo solo quello che succede in campo”.

Comunque, il compito principale di Bianchi è quello di ricompattare il gruppo, oltre a rivitalizzare Diaz ancora in cerca di una vera identità. L’attaccante argentino sembra ancora quello visto a Napoli e complice un infortunio è rimasto ai margini della squadra (solo 4 presenze, di cui 3 da subentrato, e una sola rete nelle prime 9 gare). “C’era un ragazzo argentino in squadra, Ramon Diaz. Veniva dal Napoli, ci era arrivato con grandi ambizioni, ma non aveva mai giocato, nonostante le sue qualità. Lo vedevo triste, se ne stava sempre per conto suo. Era demotivato. Decido di dargli un’occasione. Gli spiego che è a un bivio: o scende in campo e ce la mette tutta o si cerca un altro lavoro. Reagisce, trova la motivazione e gioca benissimo. Negli anni seguenti a Firenze e all’Inter ottiene il successo che meritava. Quando lasciai Avellino, lui e la moglie mi scrissero una lettera per ringraziarmi di quello che avevo fatto”. Oltre a recuperare Diaz (chiuderà la stagione con all’attivo 7 reti) la bravura di Bianchi è stata quella di gettare nella mischia parecchi giovani. Da Cilona (’61; 4 presenze); Limido (’61; 26 pr.) e Bertoneri (’63; 22 pr.); fino agli esordienti in massima serie come Biagini (’61; 13 pr.); Maiellaro (’63; 7 pr.); De Napoli (’64; 18 pr.) e Lucci (’66; 14 pr.). “Per fortuna anche ad Avellino avevo iniziato a preparare i giovani all’esordio in prima squadra. Un’abitudine che ho sempre avuto e che mi consentiva di apportare cambiamenti tecnici e tattici con maggiore facilita. Certo, l’inserimento di giovani al posto di calciatori più esperti e titolati comportava sempre qualche rischio, ma valeva la pena correrlo. E infatti i risultati ci diedero ragione”. I risultati, però, almeno inizialmente tardano ad arrivare, e il cambio Bianchi-Veneranda non sembra dare i frutti sperati. Il tecnico bresciano impiega 8 partite per ottenere la prima la vittoria, con l’Avellino in costante zona retrocessione (terz’ultimo con 10 punti alla 16° giornata). È la vittoria interna contro l’Ascoli (2-1 alla 17°) che fa scoccare la scintilla. “L’inizio è in salita. Perdiamo le prime partite, tutte con uno scarto minimo (2-3 con la Roma; 1-2 con la Juventus; 0-1 contro Fiorentina e Milan, ndr), Un giorno allo stadio di Cava dei Tirreni, dove ci allenavamo quando andavamo in ritiro a Vietri, in Costiera, mi imbatto in una delegazione del cosiddetto Clan dei Macellai, esponenti della tifoseria avellinese più accesa. Sono entrati negli spogliatoi, chiedono di parlarmi. Uno di loro apre la giacca, lascia intravedere la pistola. “Così non va”, mi dicono in dialetto. “Se le cose non cambiano, sono guai.” Gli rispondo che me ne vado, che si trovino un altro allenatore. Ma facciano in fretta, perché il tempo rimasto per evitare la retrocessione è poco. L’unico del gruppo che parla in italiano avanza dalle retrovie. Usa toni più pacati. Mi dice che ho frainteso, che loro vogliono solo il bene della squadra. “Resto ma a una condizione: d’ora in avanti nessuna interferenza.” Lasciano gli spogliatoi e non li rivedrò più. Dopo le prime sconfitte infiliamo una serie di risultati positivi, mostriamo bel gioco e alla fine ci salviamo”.

De Napoli ha esordito in serie A sotto la gestione Bianchi

Bianchi, dopo un periodo iniziale di assestamento fatto di 2 punti conquistati nelle prime 7 gare, ha ingranato la marcia nel girone di ritorno, chiuso con 16 punti conquistati che hanno permesso alla squadra irpina di agguantare la salvezza con una giornata di anticipo. Il suo score finale è stato di 18 punti conquistati (0,90 di media) frutto di 6 vittorie, 6 pareggi e 9 sconfitte. “La consacrazione di Diaz, la scoperta di Fernando De Napoli e Pietro Maiellaro, il lavoro fatto con Geronimo Barbadillo, Luciano Favero e Italo Schiavi sono tra i più bei ricordi di quella stagione. Ma la situazione societaria era complicata, Avellino era lontana da casa, cosi quando mi proposero di allenare il Como, sebbene fosse una squadra di livello inferiore, accettai”. Il club irpino è stato sicuramente il trampolino di lancio del tecnico che, dopo Como, ha avuto il privilegio di vincere scudetto, Coppa Uefa e Coppa Italia alla guida del Napoli di Maradona. Poi un biennio alla Roma (una Coppa Italia vinta), di nuovo Napoli, poi Inter prima di chiudere definitivamente l’esperienza da allenatore alla guida della  Fiorentina.

https://www.google.it/books/edition/Sopra_il_vulcano/YAytEAAAQBAJ?hl=it&gbpv=1 (estratto del libro “Sopra il Vulcano”)

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