Luigi D’Alessio: una vita da mediano

Nel 1999 Ligabue canta “Una vita da mediano”, il testo della canzone mette in risalto quel ruolo, il mediano appunto, a volte bistrattato ma fondamentale per la vittoria finale. Ligabue non esalta la classe, il talento, la fantasia, ma vuole comunque elogiare altre caratteristiche come la corsa, la generosità, la resistenza. Ecco, erano queste le peculiarità di Luigi D’Alessio, ruolo: mediano. Sulla carta d’identità il luogo di nascita dice Benevento: “Sono solo nato lì. Ma sono un irpino a tutti gli effetti visto che sono di Cervinara”, tiene a precisare l’ex centrocampista avellinese.

Una vita da mediano a recuperar palloni nato senza i piedi buoni lavorare sui polmoni

La carriera di D’Alessio inizia proprio nella squadra della sua città: “Giocavo in terza categoria con la Polisportiva Cervinarese, ero una mezza punta. Facevo pure parecchie reti, poi con il passare del tempo ho arretrato il mio raggio d’azione”. Nel 1988 ecco arrivare il passaggio al Sorrento:  “Pasquale Casale mi aveva visto giocare e mi portò a Sorrento per un provino: andò tutto bene. Facevo gli allievi, poi sul finale della stagione l’allenatore Di Somma mi fece esordire con la prima squadra”. D’Alessio esordisce in C2 il 16 aprile 1989, Di Somma, con la squadra ormai in salvo, lo schiera titolare in un Lodigiani-Sorrento 2-0. Il centrocampista gioca 5 partite nell’allora C2 poi, nel 1989, ecco arrivare la chiamata che non ti aspetti. Tra i nuovi acquisti dell’Avellino di Sonetti, c’è proprio D’Alessio: “Ero insieme a giocatori veri. C’erano Ravanelli, Baiano, Taglialatela, Ferrario. Per me era un sogno che si realizzava. Giocare nella squadra della tua città è un’emozione indescrivibile. Ricordo le giocate di Battaglia: era un fenomeno, un talento vero. Poteva giocare tranquillamente in una big di serie A”.

Avellino 1989/90. D’Alessio è il terzo accosciato da destra.

Per vedere l’esordio in serie B però bisogna aspettare la stagione 1990/91: “In settimana mi allenavo con la prima squadra, mentre la domenica giocavo con la Primavera. Quell’anno vincemmo anche la Coppa Italia”. Reggio Calabria, 13 gennaio 1991. Al 78’, con l’Avellino sotto di due reti, Oddo inserisce D’Alessio al posto di Cimmino, sarà la sua unica presenza in seria B: “Reggio era un campo infuocato. Mi ricordo che durante il riscaldamento entrò Benny Carbone. Non mise nemmeno piede in campo che siglò subito il 2-0. Rimasi di stucco”.

La “Primavera” dell’Avellino nella stagione 1990/91. D’Alessio è il secondo accosciato da sinistra.

Una vita da mediano che natura non ti ha dato né lo spunto della punta né del 10 che peccato

Con un contratto in mano e con una carriera davanti, D’Alessio medita addirittura di abbandonare il calcio: “Nel 1991 mi chiamano per fare il militare. Trascorro sette mesi alla Compagnia Bersaglieri di Caserta senza potermi allenare. Ero sul punto di lasciare definitivamente il calcio. Solo dopo ottengo il trasferimento alla Compagnia Atleti di Napoli. Lì riprendo ad allenarmi, mentre il giovedì giravamo per le varie caserme a fare amichevoli. Con noi c’era anche Martusciello (ex Ischia ed Empoli, ndr), che all’inizio del 1992 mi consiglia all’allora presidente dell’Ischia. In panchina c’era Pasquale Casale, anche lui di Cervinara”.

Una vita da mediano con dei compiti precisi a coprire certe zone a giocare generosi

Dopo quattro stagioni nell’Ischia (1992-1996; 98 presenze totali e una rete), nel 1996 arriva il trasferimento alla Juve Stabia. Con le vespe D’Alessio rimane una stagione, ad ottobre del 1997 infatti arriva il nuovo trasferimento all’Avellino. I lupi puntano ad un campionato di vertice, ma il poco equilibrio della squadra rischia di fa saltare tutto. Il gioco offensivo di Morinini non trova continuità. Ad ottobre arriva la cessione di Bugiardini, con lo spostamento di Abeni a centrocampo. Per garantire quantità alla zona nevralgica del campo arriva anche D’Alessio. Juve Stabia e Avellino intavolano una trattativa basata sullo scambio delle comproprietà: Bonfiglio alle vespe in cambio di D’Alessio. Il centrocampista firma un triennale (scadenza 2000) e ritorna così in Irpinia: “Arrivavo in una squadra forte, fu una bella stagione. Peccato che finì male”.

Nell’Avellino

Il tecnico elvetico Morinini piazza D’Alessio e Abeni al fianco di Anaclerio, la squadra sembra riprendersi e staziona sempre nella zona play off: “Morinini mi piazzò subito al centro del campo, ero un generoso, correvo molto. Mi è sempre piaciuto correre, per questo ho fatto pochi gol in carriera (1, ndr). Davanti alla porta devi arrivare lucido per segnare. Morinini era una bella persona, un bravo allenatore. Quello con il tecnico elvetico è stato l’unico anno in cui mi sono divertito veramente a giocare a calcio. Ti faceva avere  personalità, ti faceva sentire un calciatore! Non era una che speculava. Ancora oggi non mi spiego i motivi del suo esonero”. Dopo Morinini, arriva Lombardi: “Brava persona. Anche con lui ho avuto un buon rapporto visto che ci conoscevamo già dai tempi delle giovanili”. Il resto è storia conosciuta. Il pari interno con la Juve Stabia (2-2, rete del portiere Bifera al 90’) blocca la squadra. Al termine della stagione l’Avellino è fuori dai play off. Tra i flop di quell’annata il brasiliano Leandro: “Era sempre sovrappeso…. (ride) però era simpatico. Quante risate ci siamo fatti nello spogliatoio”. D’Alessio chiude la stagione 1997/98 con all’attivo 22 presenze in campionato; 3 presenze in Coppa Italia serie C; in 1.740 minuti giocati colleziona ben 11 ammonizioni (una partita su due). Chiude il campionato con una media voto di 6,09, dietro solo a Sassanelli, Anaclerio e Abeni.    

Una vita da mediano da chi segna sempre poco che il pallone devi darlo a chi finalizza il gioco

Nel 1998 il patron Sibilia esercita il riscatto nei confronti della Juve Stabia; D’Alessio è uno dei pochi riconfermati in rosa. È l’anno di Geretto (“bravo allenatore”), del portoghese Nelson Gil Gomes (“era velocissimo ma un infortunio gli condizionò la stagione”) ma, soprattutto, dei 19 pareggi in campionato. Se Sassanelli subisce solo 21 reti, è grazie alla diga di centrocampo formata dai vari D’Alessio, Giugliano e Abeni. Causa contrasti con Sibilia (“Con il presidente non ho avuto un buon rapporto, ma anch’io ho fatto i miei sbagli”), D’Alessio finisce fuori rosa e termina la stagione anzitempo (ultima gara in campionato: Avellino-Foggia, 24° giornata). La sua personale annata si chiude con 17 presenze in campionato (6,10 la media voto); 3 presenze in Coppa Italia serie C e 1.059 minuti giocati. Al suo “attivo” anche 6 ammonizioni ed un’espulsione, cartellino rosso (unico in biancoverde) preso nel derby interno con la Nocerina.    

Una vita da mediano da uno che si brucia presto perché quando hai dato troppo devi andare a fare posto

Ad inizio della stagione 1999/00 i rapporti con la società non si rimarginano. D’Alessio parte per il ritiro di Serino ma la sua posizione è sempre in bilico. Il tempo di esordire in campionato (Avellino-Lodigiani 2-2, 1° giornata) ed ecco arrivare l’addio: “C’era Di Somma, che avevo avuto a Sorrento, che mi voleva fortemente alla Juve Stabia. A Castellamare avevano fatto una squadra per salire in serie B (finale play off persa l’anno prima, ndr), c’erano i vari Menolascina, Fontana, Ricchetti, Fresta e Di Nicola:  tutti giocatori di spessore. Accettai, ma con il senno di poi feci uno sbaglio. Non volevo lasciare Avellino, soprattutto per l’affetto che avevo verso i tifosi. Anche perché l’anno dopo Sibilia andò via, poi arrivò anche la B. Insomma, potevo diventare capitano”.

Avellino 1999/00

Per D’Alessio è l’inizio del calvario: “Mi feci male al ginocchio nella partita contro il Gualdo. Sembrava qualcosa di poco conto. A gennaio ci fu il passaggio alla Fidelis Andria, ma l’infortunio mi perseguitava. Praticamente, a 29 anni lasciai definitivamente il calcio. Fu un momento molto difficile per me”. Nel 2001 D’Alessio abbandona il calcio giocato nonostante i vari tentativi per ritornare a calcare il rettangolo verde. Chiude la sua carriera con all’attivo quasi 200 presenze in C1: “Dopo l’addio ho lavorato per quasi otto anni in una fabbrica di Milano. Ora sono ritornato a Cervinara, ho il patentino di allenatore. Quando posso vado allo stadio a vedere l’Avellino”. L’esordio in B appena maggiorenne, il quasi ritiro a vent’anni, la risalita, il ritorno all’Avellino, prima di dire addio al calcio e trovarsi a lavorare in fabbrica. D’Alessio è stato sempre un combattente, uno che non ha mai mollato e che nell’Avellino, come nella vita, ha sempre dato il massimo: “Quando lotti per la tua terra è diverso, inconsciamente sei sempre portato a dare quel  qualcosa in più rispetto agli altri”. D’altronde, nel cuore di chi lotta non c’è mai sconfitta.   

Finché ce n’hai stai lì sempre lì lì nel mezzo finché ce n’hai finché ce n’hai stai lì
error: Il contenuto è protetto