José Dirceu: quando lo zingaro del gol si fermò ad Avellino

Maledetto quell’incrocio. No, non parlo di quell’incrocio che spesso infilava con il suo sinistro, ma quello sull’Aveida das Americas, lungomare di Rio de Janeiro; la fiancata della sua Porsche è presa in pieno da una Chevrolet, il brasiliano muore sul colpo così come il suo amico italiano Pasquale Lazio. Si spezza così, a quarantatré anni, la vita del brasiliano. Un fuoriclasse autentico, un fantasista dal sinistro al fulmicotone; José Guimaraes Dirceu venne soprannominato “Lo Zingaro” per le innumerevoli squadre in cui militò. Un lungo girovagare in Brasile, infatti, cresce calcisticamente nel Curitiba, poi, nel 1971, il passaggio al Botafogo dove rimane per quattro anni. Nel 1975 è ingaggiato dal Fluminense con cui vince un campionato carioca (1976), ripetendosi la stagione seguente con la maglia del Vasco de Gama. Nel 1978 lascia il Brasile per approdare in Messico, l’Amèrica sborsa qualcosa come 600.000 mila dollari per ingaggiarlo. Nel 1979 arriva in Europa, con il trasferimento all’ Atletico Madrid. Nel 1982 Dirceu è, ormai, un calciatore affermato, avendo disputato anche tre Mondiali (1974, 1978 e 1982) e tre Olimpiadi.

Nel Brasile

Dopo i Mondiali di Spagna, scaduto il contratto con l’Atletico Madrid, approda in Italia. Anche nel Bel Paese non perde il vizio di cambiare casacca: prima Verona (29/2; in quella squadra che stava diventando da scudetto), poi Napoli (30/5; in un campionato chiuso con una salvezza), Ascoli (27/5; dove non riesce a evitare la retrocessione) e Como (25/2). A settembre del 1986 approda ad Avellino. Era sul punto di lasciare l’Italia dopo il no di diverse società ma l’avvento di Vinicio (arrivato a fine agosto al posto di Robotti) sblocca la situazione, di fronte anche a un ricco contratto: 400 milioni di vecchie lire. Dirceu non è più giovanissimo, ha ormai 34 anni quando arriva in Irpinia, voluto a tutti i costi da Vinicio (brasiliano come lui) che definisce Dirceu un vero e proprio fenomeno. Il mister gli ritaglia il suo spazio affidandogli le chiavi del gioco, il numero dieci sulle spalle e la convivenza in campo con Colomba. Il brasiliano mostra subito la sua caratura, con il suo sinistro piega letteralmente le mani ai portieri: chiedere a Landucci. L’esordio in campionato è da incorniciare, la sua doppietta contro la Fiorentina (con due punizioni da trenta metri), regalano i primi due punti all’Avellino: “Non mi aspettavo un esordio così alla grande. Naturalmente sono molto soddisfatto. Ma questo è appena l’inizio”.

Il brasiliano conferma il suo positivo inizio di stagione siglando altre due reti contro il Como (5°) e Verona (6°) che lo fanno balzare in testa alla classifica dei marcatori insieme a Diaz e Altobelli. Per rivedere, poi, Dirceu nei tabellini dei marcatori bisognerà aspettare la 12° giornata (dopo un penalty fallito alla 9° in Avellino-Brescia); contro la Sampdoria il brasiliano realizza l’ennesima punizione con un sinistro morbido dai venti metri. Sul finire del girone d’andata le prestazioni del brasiliano calano di rendimento, così come i risultati della squadra che, dopo la vittoria contro la Sampdoria, rimane per ben sette gare (13°-19°) senza vincere. Vinicio, alla 19° contro l’Ascoli, lascia in panca l’asso brasiliano che non viene nemmeno convocato la giornata seguente, mentre rimane in panchina, alla 21°, anche contro il Verona. Prima della partenza per Udine (dove l’Avellino vincerà 6-2), il brasiliano chiede a Vinicio della sua eventuale presenza in campo dal primo minuto, alla risposta negativa del tecnico Dirceu non parte per la trasferta friulana, perdendo così anche il premio partita messo in palio dal Presidente Graziano. Quella fu, probabilmente, l’unica pecca della sua esperienza irpina.

Dopo il periodo negativo ritorna titolare nel finale di stagione, l’Avellino di Vinicio, infatti, conquista, nelle ultime sei giornate nove punti che gli permettono di staccare il biglietto della salvezza con due giornate d’anticipo. Dirceu chiude la stagione con all’attivo 23 presenze e 6 reti (frutto di 5 punizioni e un rigore) giocando, senza ombra di dubbio, la migliore stagione in Italia. Morì, come detto, nel 1995, ma le sue gesta e, soprattutto, le sue punizioni rimangono ancora scolpite nella storia. Il destino lo aspettava a quel maledetto incrocio.

“Con questi stupendi giocatori vorrei rimanere ad Avellino per mettere le tende e per non essere più lo zingaro del calcio italiano”

Josè Dirceu
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