Il 15 maggio del 1988 è una data che rimarrà per sempre impressa nella mente del tifoso irpino: dopo una stagione tribolata, infatti, l’Avellino dice addio alla serie A. Quella appena trascorsa è stata una stagione complessa, iniziata con l’arresto del presidente Graziano e finita con tanti errori che hanno condizionato il cammino della squadra. Errori che si sono manifestati già durante la fase del calciomercato con le partenze di Alessio e Dirceu (non adeguatamente rimpiazzati); l’arrivo del greco Anastopoulos, che alla fine si è rivelato un vero oggetto misterioso; l’allontanamento di Vinicio dopo 5 gare (con 2 punti conquistati); tutti errori di valutazione che hanno condizionato fortemente l’intero girone di andata chiuso con soli 7 punti conquistati in 15 gare. A nulla è valsa la corsa sfrenata alla ricerca del decimo miracolo consecutivo, come a nulla non sono bastati i 16 punti conquistati nel girone di ritorno: l’Avellino chiude la stagione 1987/88 a quota 23 punti, ad un solo punto dall’ipotetico spareggio. I lupi tornano mestamente in serie B riassaporando il gusto amaro della retrocessione dopo 25 anni (l’ultima risaliva alla stagione 1962/63, retrocessione dalla C alla D). La retrocessione, paradossalmente, sembra essere il male minore di questo finale di campionato. Si parla di debiti, tanti debiti: il rischio fallimento inizia a serpeggiare tra le strade della città. Il presidente in carica, Improta, già al termine della gara contro l’Inter aveva rassegnato le dimissioni, rimettendo il suo mandato nelle mani del padre-padrone e azionista di maggioranza Graziano. Il quale, però, è irreperibile. I tifosi scendono in piazza ed invocano a gran voce il nome di Sibilia. L’ex presidente, ancora invischiato in problemi giudiziari, fa sentire la sua voce ma non intende ritornare in sella anche perché si parla di un buco di oltre 7 miliardi di lire: “Non ci hanno saputo fare. Io non ho mai fatto il passo più lungo della gamba. Loro hanno voluto fare la squadra da 30 punti. Ed eccoci qua dove siamo finiti, in serie B. Hanno pagato un miliardo di stipendi al mese, sono pazzi! Ma io non me ne posso occupare, debbo pensare ai giudici”.
Il 24 giugno, Improta consegna il pacchetto azionario della società nelle mani del sindaco Venezia, il quale annuncia che già ci sarebbe una cordata a rilevare le quote: “Entro tre o quattro giorni sapremo l’esito definitivo di questa trattativa, ma l’ottimismo è d’obbligo”. I debiti, però, non stanno a guardare. L’Ufficio dell’esattoria delle Imposte emana un’ingiunzione di pagamento di 5 miliardi di Irpef non pagata sugli stipendi dei calciatori per un periodo che va dalla gestione Pecoriello (1984) fino al primo semestre del 1988, e visto il caos societario manda nella sede del sodalizio irpino gli ufficiali giudiziari, i quali sigillano le stanze e pignorano tavoli, sedie, televisori, coppe e targhe. Viene fatto periziare anche il pullman con cui la squadra effettuava le trasferte in modo da stabilire l’esatto valore. Il valore dei beni posti a sequestro, però, non supera i 20 milioni di lire. Secondo alcune voci circolate sarebbe stata avanzata anche formale richiesta alla Lega calcio per bloccare i cartellini degli atleti di proprietà. Intanto la cordata di industriali e imprenditori disposta a subentrare a Graziano entra in scena. Sollecitato da politici irpini è il proprietario della Parmalat, Calisto Tanzi, a capo alla cordata pronta a inserirsi in società. Insieme a Tanzi ci sono un discreto numero di industriali avellinesi, in più ci sarebbe anche una consulenza esterna di Pierpaolo Marino a fare da cornice.
I giorni passano inesorabilmente ma il tanto sospirato “closing” non arriva e i controlli della Co.Vi.Soc. (Commissione Vigilanza Società) sono ormai alle porte. La Lega, vista la precaria situazione economica, inserisce il club nella terza fascia delle società, vale a dire quelle società obbligate a vendere i calciatori per risanare il bilancio. Praticamente in questa sessione di calciomercato l’Avellino, unica società di A e B inserita in terza fascia, può soltanto cedere senza acquistare. Il 10 luglio, nel bel mezzo di questo caos societario, l’Avellino annuncia anche l’allenatore della prossima stagione: Enzo Ferrari. Il tecnico, ex di Triestina, Udinese e Real Saragozza, firma un contratto annuale senza nemmeno sapere se l’Avellino verrà iscritto al campionato. Il 14 luglio, inesorabilmente, arriva la notizia che tutti si aspettavano: il Consiglio di Lega boccia l’iscrizione al campionato di B di Avellino e Cosenza. I lupi sono nei guai. Il presidente della Lega Nizzola spiega il motivo: “Sulla base dei rilievi effettuati dalla Federcalcio, non abbiamo potuto autorizzare l’iscrizione di queste due società. Fra quattro giorni, il 18 luglio, il Consiglio di presidenza della Lega analizzerà nuovamente la situazione, per vedere se nel frattempo le due società si saranno messe in regola”. Dal capoluogo irpino, invece, la notizia non sembra scuotere Improta, che getta acqua sul fuoco: “E’ una decisione che sembra avere il solo scopo d’intralciare i nostri progetti di riorganizzazione. Comunque, non credo che ci saranno problemi: forniremo le garanzie e saremo regolarmente iscritti al campionato”. Anche il direttore generale, Carlo Mupo, cerca di rasserenare l’ambiente: “Per motivi di ordine burocratico, non abbiamo ancora depositato il contratto relativo alla cessione di Benedetti. Da quel momento in poi, la nostra campagna di compravendita farà registrare un saldo attivo di due miliardi. Non creiamo allarmismi. Tra l’altro, le trattative per l’ingresso di un nuovo gruppo di imprenditori nell’Avellino calcio sono giunte alla fase decisiva”. Il 16 luglio, durante l’assemblea dei soci, caratterizzata nelle fasi preliminari da una vibrante contestazione da parte dei tifosi nei confronti di Improta, viene deliberato che le azioni dell’Avellino saranno cedute a costo zero. Era questa una delle condizioni poste dalla cordata che fa capo a Tanzi per procedere all’acquisto del pacchetto azionario. I nuovi dirigenti dovranno “soltanto” coprire il passivo della società, che ammonta a 7 miliardi e 836 milioni di lire. Il 18 luglio la Lega concede 7 giorni di proroga all’Avellino. Improta e soci hanno una settimana di tempo per regolarizzare l’iscrizione al campionato di B e trovare un nuovo padrone che cancelli il debito. “In verità avevo chiesto dieci giorni di proroga. Questa è la settimana decisiva per il futuro della società. Credo di poter presentare all’assemblea dei soci di venerdì anche i nuovi dirigenti”, sono le parole del braccio destro di Graziano dopo la proroga. Ma di concreto per la cessione del club non c’è ancora nulla. Tra le due parti ci sono ancora delle divergenze. Le acque in casa irpina diventano ancora più agitate quando, il 20 luglio, la cordata intenzionata a rilevare le quote della società si ritira. Sono principalmente due i motivi della rinuncia: l’elevato esborso finanziario superiore alle aspettative e la mancanza di garanzie, da parte dell’attuale proprietà, di eventuali passività successive. Tutto questo quando viene presentato alla stampa anche il nuovo tecnico Ferrari.
Intanto escono anche i gironi di Coppa Italia che vede una X al posto dei lupi. Il tanto atteso 25 luglio arriva e la Lega, viste le inadempienze della società biancoverde, che non ha presentato le garanzie fidejussorie richieste dalla Co.Vi.Soc., estromette l’Avellino dalla serie B. “L’impressione è che siano fuori” sono le parole di Nizzola (presidente della Lega A e B), mentre solo in serata, tramite telex n° 123 delle 21, Improta comunica di aver versato, tramite la Banca Nazionale del Lavoro di Salerno, due miliardi e mezzo per la ricapitalizzazione. Alle 17:26 del 26 luglio dallo studio di Improta parte un telex diretto alla Federcalcio e alla Lega nel quale si impugna la decisione della Covisoc e si preannuncia ricorso. In questo trambusto generale anche i tifosi sono disorientati. Sotto la sede del Municipio c’è fermento perché le notizie che arrivano sono alquanto contraddittorie. Marcantonio Napolitano, capo del centro coordinamento club, ha l’aria sconvolta: “Una volta ci dicono che è fatta, un altro giorno ci cancellano dalla mappa del calcio. Noi abbiamo fatto il possibile per salvare l’Avellino. Abbiamo bussato a tutte le porte. Ma è bene che si sappia che pagherà alla fine chi non ha voluto che la società passasse in altre mani”. Insieme ai biancoverdi vengono estromesse anche 12 società di C2. La non ammissione dell’Avellino viene ratificata da una delibera firmata da Nizzola.
Il dispositivo recita: “L’Avellino non è iscritto al campionato di B per la stagione 1988/89; in sostituzione dell’Avellino viene iscritta al campionato di B la società Modena, avente diritto, salvo accertamento circa l’esistenza dei requisiti previsti dal regolamento; avverso il presente provvedimento l’Avellino potrà presentare ricorso al Consiglio Federale; tale ricorso dovrà pervenire alla Federcalcio entro e non oltre il 30 luglio ’88 e il ricorso stesso sarà discusso dal Consiglio federale nella riunione del 1° agosto”. Nonostante le assicurazioni di Improta (“Abbiamo preannunciato l’invio di una documentazione con la quale dimostreremo che abbiamo le carte in regola per iscriverci, oltre all’invio di due telegrammi dove annunciamo l’accredito di due miliardi e mezzo per la ricapitalizzazione e quello riferito al ricorso contro l’esclusione”) anche Matarrese, presidente della Federazione, è alquanto scettico sulla buonuscita della grana Avellino: “Non voglio pensare che l’Avellino sia davvero fuori da tutto, sarebbe una mortificazione per il calcio meridionale. Mi auguro che la situazione si sani con un miracolo, ma se si dovesse arrivare all’esclusione, per l’Avellino non c’è posto in serie C come è accaduto col Palermo. O ricominciano adesso o ricominciano dalla terza categoria”. Il 27 luglio, quando vengono stilati i calendari di A e B, al posto dell’Avellino, come già successo precedentemente in Coppa Italia, compare la sempre minacciosa X.
La scadenza del 30 luglio è sempre più vicina. Entro quella data serve produrre l’intera documentazione comprendente le garanzie economiche (non bastano i due miliardi e mezzo già versati, ne servono almeno altri 8) e il piano di risanamento della società. La svolta decisiva per le sorti della società arriva due giorni prima dell’ultimatum del 30 luglio. Ad Avellino risplende il sole quando viene ufficializzato il passaggio di proprietà. Il nuovo presidente è Domenico Magnotti, legato alla Democrazia Cristiana, che esordisce così: “Stiamo predisponendo un efficace piano di risanamento e una documentazione inoppugnabile che ci consentirà di ottenere l’iscrizione”. Mentre chi gli chiede chi ci sia realmente dietro alla nuova società, il nuovo presidente glissa senza mezzi termini: “C’è un gruppo di imprenditori che ha individuato i suoi rappresentanti di fiducia e che, almeno per ora, preferisce restare nell’ombra. Vi basti sapere che stiamo salvando l’Avellino”.
Il nome di Tanzi, però, resta quello più accreditato. “Ho chiesto ai ragazzi di comportarsi da veri professionisti. Al di là degli sviluppi societari, è interesse dei calciatori allenarsi sempre con serietà. Certo, non è facile lavorare con un occhio ai giornali e un orecchio ai notiziari radiotelevisivi, in attesa di buone notizie. Ci si sente tartassati, messi all’indice. Ma in campo, per fortuna, si dimentica tutto. Nel complesso, ho notato una notevole maturità: siamo riusciti a fare quadrato”, sono le prime parole dopo il passaggio di proprietà di mister Ferrari. Partiti Benedetti, Colomba, Colantuono e Schachner, a nome della vecchia guardia parla Bertoni: “Sarebbe stato drammatico uscire completamente di scena dopo una retrocessione peraltro immeritata. Siamo frastornati da notizie contrastanti, ma abbiamo sempre avuto fiducia nel classico lieto fine”. Presentato il ricorso al Consiglio Federale con 24 ore di anticipo, la nuova proprietà “sente” profumo di salvezza ed è molto sicura di poter cancellare la X sui calendari e veder inserito il nome dell’Avellino. Appena insediatasi la nuova società versa subito 8 miliardi tra Irpef arretrata, mensilità (3) ai giocatori, che non erano state ancora corrisposte, e debiti con la Lega, mentre ufficializza anche il nuovo sponsor da apporre sulle maglie: Dietalat. Calisto Tanzi, così, torna nuovamente a sponsorizzare il club irpino dopo i succhi Santal (1984-86). Il patron della Parmalat, che ha una sede operativa anche a Nusco, feudo del Presidente del Consiglio in carica, Ciriaco De Mita, verserà nelle casse irpine 1,5 miliardi di lire per i prossimi tre anni. La tanto attesa fumata bianca arriva alle 17 del 1° agosto. Il consiglio federale della FIGC accoglie il ricorso della società irpina ammettendola al prossimo torneo di serie B. Fondamentale è stato il giudizio favorevole della Covisoc dopo la fideiussione bancaria richiesta dalla Federcalcio, che ha praticamente salvato gli irpini. Fin dall’insediamento, Magnotti non ha avuto dubbi sul positivo esito finale: “Non ho mai avuto dubbi perché avevamo superato nel miglior modo possibile tutti i problemi che ci avevano assillato nel recente passato. Un organo qualificato e obiettivo come il consiglio federale non poteva non riconoscere le nostre ragioni”.
All’accusa di “salvataggio politico” replica il presidente dei senatori democristiani, Nicola Mancino: “Ho ritenuto doveroso interessarmi, insieme all’onorevole Gargani, di un problema che stava a cuore a un’intera provincia. Adesso il nostro compito è finito. Dovranno essere gli imprenditori irpini a sostenere una squadra che appartiene a tutti e non certo a questa o quella fazione politica”. Il 26 luglio, dopo essersi liberato dal ruolo di general manager della Roma, Pier Paolo Marino rescinde con la società capitolina e firma un contratto triennale con l’Avellino: gli spetta la carica di presidente in sostituzione di Magnotti. Per Marino è un ritorno all’ovile. È proprio all’interno della società biancoverde che muove i primi passi. Inizia con il ruolo di addetto all’ufficio stampa, poi segretario e infine direttore generale. Nel 1986 il passaggio al Napoli prima e alla Roma poi. Prima del ritorno nelle vesti di presidente: “Accettando l’incarico ho dimostrato agli irpini che quando accettai l’offerta del Napoli non fu un tradimento. Rieccomi qui, per dare il mio contributo di esperienza, che credo di aver accumulato in questi anni. Mi ritrovo tra amici, con voi sono cresciuto, insieme dovremo far risorgere l’Avellino”, sono le prime parole del numero uno irpino durante la conferenza stampa di presentazione. È l’ultimo tassello di questa pazza estate del 1988.