C’è un Avellino che vince lo scudetto, la Berretti del 1995/96

Il Leicester ci ha insegnato che nel calcio non sempre vince chi ha più soldi. In un mondo dove regnano denaro e business, il calcio è bello perché è in grado di regalare ancora emozioni. A volte, però, ci racconta delle vere e proprie favole. Una di queste è stata sicuramente quella dell’Avellino, quando i lupi d’Irpinia riuscirono nell’impresa di disputare dieci anni consecutivi in serie A. Questa invece è la favola della Berretti dell’Avellino, quando nella stagione 1995/96 la squadra allenata da Montanile si laurea addirittura campione d’Italia: “Insieme con noi c’erano squadre blasonate – ricorda il centrocampista Camorani – vedi il Cesena campione in carica e l’Inter. Noi non eravamo certo candidati alla vittoria finale, ma riuscimmo nell’impresa di sovvertire ogni pronostico”. Il ritorno di Sibilia al timone della società (estate 1994) cambia le carte in tavola anche a livello giovanile, dopo anni di latitanza dovuti alla precedente gestione Tedeschi: “Sono stato nel settore giovanile dell’Avellino dal 1991 al 2000 – dice Montanile, allenatore della Berretti scudettata – Sibilia mi aveva dato carta bianca. Giravo raduni su raduni alla ricerca di calciatori da inserire nelle varie squadre. In tutti questi anni mi sono girato tutta l’Italia, da Alzano Lombardo fino a Trapani. Nel 1994, dopo il ritorno di Sibilia al timone della società, c’era una scuola calcio formata da 200 ragazzi. Con i soldi delle iscrizioni riuscivamo a mantenere tutto il settore giovanile”. La prima grande affermazione a livello giovanile, però, la compie l’Irpinia (club fondato proprio da Sibilia), la squadra di Mercogliano conquista lo scudetto “Berretti” dedicato alle squadre di serie D nelle stagioni 1978-79 e 1980-81. Il tricolore ritorna nella stagione 1986-87 quand’è proprio l’Avellino a laurearsi campione d’Italia tra le compagini di A e B. Passando alla squadra “Primavera” le uniche affermazioni sono le due Coppe Italia conquistate nelle stagioni 1981-82 e 1990-91, mentre resta il rammarico per una finale scudetto persa contro il Cesena di Sacchi, stagione 1981-82, quella dei vari De Napoli, Marulla, Maiellaro e Cervone. “Il nostro compito – prosegue Montanile – era quello di formare i calciatori. Lavoravamo a stretto contatto con la prima squadra; infatti la Berretti giocava come l’Avellino. Se uno dei nostri era chiamato con i più grandi si doveva far trovare pronto. Bisognava valorizzare i giovani. In questo è stato bravo anche Sibilia che non ci faceva mai mancare nulla”. Sibilia infatti oltre a spendere per la prima squadra investe parecchio anche nel settore giovanile, spendendo fior di quattrini per comprare giovani calciatori da inserire nelle varie squadre. Nel giro di poco tempo arrivano i vari Frau e Setti dalla Torres, Farias dal Renato Curi Pescara, Gianfranco Criniti, fratello di Antonio, dal Catanzaro. Oltre a Piccioni (comprato per 100 milioni di vecchie lire) dalla Sambenedettese. 

Criniti e Verde

È lo stesso Montanile a rimarcare la cosa: “C’era un lavoro dietro e una programmazione non indifferente. Sibilia credeva fortemente nel settore giovanile tanto da comprare calciatori anche per la Primavera e la Berretti. Oggi sono poche le squadre che investono nei giovani, vogliono i calciatori già pronti”. Chi fa la spola tra la “Primavera” e la “Berretti” è Gianfranco Criniti: “Io e Farias ci dividevamo tra le due squadre. Sia nella Primavera sia nella Beretti c’era un grande gruppo. In squadra avevamo gente brava come Camorani, Carfora e Lonardo. Anche se i veri fenomeni erano Setti e Frau”. Squadra tosta e arcigna come ricorda l’esterno Stanislao Verde: “Eravamo una squadra aggressiva, in questo ci rispecchiavamo molto nel mister. Montanile era un grintoso, ci metteva sempre l’anima. Ci seguiva si tatticamente che atleticamente. Per noi ragazzi che venivamo da fuori è stato come un padre”. Nella rosa tricolore c’è anche un gruppetto di irpini veraci: Palumbo, Meriano (il capitano), Lonardo e Ferrantino. Dopo il sesto posto ottenuto in campionato l’Avellino si qualifica per la poule scudetto dedicata alle squadre di A e B. Nel classico girone all’italiana oltre all’Avellino ci sono anche l’Inter, il Cesena (campione in carica), il Genoa e il Venezia. Bisogna disputare quattro partite, due in casa e due fuori, la squadra che arriva prima in classifica vince il titolo nazionale. La truppa di Montanile parte alla grande e nella prima giornata ottiene subito i tre punti. A Venezia termina 3-0 per l’Avellino, quando una doppietta di Cannalonga e un gol di Criniti stendono i padroni di casa.

Distinta della gara Venezia-Avellino

Continua Montanile: “Dopo la vittoria in trasferta contro il Venezia vengo avvicinato da Bini (allenatore dell’Inter, ndr) e da Domenghini, che erano arrivati sino in laguna per assistere alla partita. Mi chiedono su quale campo avremmo giocato ed io gli dissi: il Partenio. Non era vero! Quando videro il Torrette di Mercogliano rimasero senza parole. Vennero tutti con le scarpe chiodate convinti di giocare su un campo in erba. Invece il campo di Torrette era di terra e pieno di sassi”. La doppietta di Cannalonga rafforza l’idea che l’Avellino può essere la mina vacante del girone, come ricorda lo stesso attaccante di Agropoli: “Finito il campionato ci preparammo ad affrontare la poule scudetto. All’inizio nessuno credeva in una nostra affermazione. Dopo la mia doppietta contro il Venezia cambiò qualcosa, iniziammo a prendere fiducia nei nostri mezzi. Potevamo farcela! Questo grazie anche al mister che ci faceva allenare sempre al massimo”. Nella seconda giornata arriva la vittoria interna contro il Genoa (1-0; Carfora); seguita dal blitz in Romagna contro i campioni in carica del Cesena (2-1). La squadra di Montanile, dopo esser passata in svantaggio, ribalta la situazione grazie alla doppietta di Compagnone. Dopo tre gare Avellino e Inter si trovano in testa alla classifica a quota 9 punti; i lupi, però, possono contare su una differenza reti migliore (+1). Nell’ultima giornata, al Torrette di Mercogliano, le due squadre si giocano il tricolore. I padroni di casa, forti del fatto che bastava un punto per aggiudicarsi lo scudetto, scendono in campo in modo timoroso e contratto. Nella prima frazione di gara infatti è l’Inter a fare la partita. La squadra di Bini è costretta a vincere e al 35’ passa in vantaggio. Batti vince un rimpallo e serve Guerrisi, l’attaccante nerazzurro con un perfido sinistro a fil di palo batte Di Stefano. Lo scudetto sembra prendere la via di Milano. Ricorda lo stopper Cavezza: “Sibilia a fine primo tempo entra negli spogliatoi. Guarda Montanile e gli dice: Mister, dobbiamo cambiare qualcosa in difesa. Io e Lonardo ci guardammo in faccia. Stavamo perdendo 1-0 e il presidente voleva cambiare la difesa. Montanile assecondò il presidente ma l’unico cambio che fece fu quello di Criniti per Camorani. Avevamo preso gol, ma dietro stavamo facendo una buona gara”. Resta il fatto che nella ripresa è tutto un altro Avellino. La squadra di Montanile attacca a testa bassa alla ricerca disperata del pari, come lo dimostrano i nove calci d’angolo battuti nell’arco dei novanta minuti. Ed è proprio sugli sviluppi di un corner che l’Avellino trova il pari. Minuto 74’, dopo un angolo battuto da Barbato, Criniti stacca di testa costringendo Locatelli alla corta respinta sulla quale irrompe Ferrantino, che da pochi passi firma il meritato pareggio. Per l’esterno avellinese è il giusto premio dopo un lungo infortunio: “L’anno prima ero stato fermo praticamente un anno per un problema al ginocchio.  Fui bravo a trovarmi al posto giusto nel momento giusto. Fu una rete importantissima ai fini dello scudetto. Dopo il gol corsi fino alla bandierina del calcio d’angolo, anche quelli della panchina vennero ad abbracciarmi. La gioia fu talmente tanta che per poco non rimasi soffocato”.  Alla ricerca del nuovo sorpasso l’Inter si scopre ed offre il fianco ai lupi. A cinque minuti dal termine l’Avellino passa addirittura in vantaggio. Farias lancia il contropiede, Criniti inventa un tiro al volo che s’insacca sotto la traversa.

La rete del 2-1 di Criniti

Come ricorda lo stesso Criniti, fu un eurogol: “Il pareggio di Ferrantino fu propiziato proprio da un mio colpo di testa parato miracolosamente dal portiere. Sul finire dalla partita, invece, siglai la rete della definitiva tranquillità. L’Inter si era ormai scoperta alla ricerca del vantaggio, ci fu un lancio di Farias, arrivai al limite sinistro dell’area di rigore e lasciai partire un tiro che prima di entrare in rete toccò la traversa e poi il palo. Fu un bellissimo gol”. L’Avellino, così, si laurea campione d’Italia 1995/96. Uno dei migliori in campo fu l’esterno Verde: “La rete dello svantaggio ci svegliò. Nel secondo tempo reagimmo alla grande, passammo dalla paura della 0-1 alla vittoria finale. Fu una grande gioia arrivata grazie ad un gruppo unito”. Anche il difensore Lonardo ricorda il piacevole post gara: “A fine partita Sibilia entrò negli spogliatoi con un malloppo di soldi. Li srotolò e ci diede 100 mila lire a testa. Si vedeva che era contento per l’impresa fatta”. Dopo la vittoria la squadra viene premiata a Roma. I componenti della rosa ricevono delle medaglie d’oro per la conquista dello scudetto. Un’impresa formata da un gruppo eccezionale, come rimarcato da tutti i componenti, uniti dalla passione e dal sacrificio. Un’impresa che il tempo ha scalfito ma che è ancora vivo in quei ragazzi che scrissero una bella pagina di calcio. Non è un caso infatti che sono stati gli ultimi a vincere uno scudetto a livello giovanile. D’altronde, come diceva sempre Sibilia: “L’importante non era partecipare, ma vincere”.

Mister Montanile

Avellino-Inter 2-1

Avellino: Di Stefano 7, Palumbo 6,5 (29’ Ferrantino 8), Meriano 7, Compagnone 7, Cavezza 7, Lonardo 8, Frau 6,5 (60’ Barbato 7), Carfora 7, Farias 7, Camorani 7 (46’ G. Criniti 8), Verde 7. All.: Montanile.

Inter: Locatelli, Netrella, Russo, Capuano, Barcella, Polenghi, Mascheroni, Batti, Marelli (6’ D’Autilia, 78’ Capri), Fecchillo, Guerrisi. All.: Bini

Arbitro: Pascariello di Lecce

Marcatori: 35’ Guerrisi, 74’ Ferrantino (Av), 85’ G.Criniti (Av)

Note: Ammonito al 36’ Batti. Calci d’angolo 9-0 per l’Avellino (p.t. 3-0). Spettatori: 1.000 circa.

La medaglia consegnata ai vincitori dello scudetto Berretti 1995/96

La rosa:

Portieri: Domenico Di Stefano (’78); Guido Scognamiglio (’78).

Difensori: Federico Proietti (’77); Giovanni Palumbo (’77); Giuseppe Meriano (’77); Vincenzo Cavezza (’77); Gaetano Lonardo (’78); Giuseppe Tavolario (’77); Gaetano De Carlo (’78).

Centrocampisti: Salvatore Compagnone (’77); Alessandro Frau (’77); Stanislao Verde (’78); Raffaele Ferrantino (’78); Vincenzo Barbato (‘77); Antonio Pisaniello (’78); Gennaro Carfora (’78); Alfonso Camorani (’78); Rocco Simone (’78); Alessandro D’Ambrosio (’78).

Attaccanti: Domenico Cannalonga (’78); Gianfranco Criniti (’78); Edmondo Farias (’78).

In piedi da sinistra: Frau, Compagnone, Criniti, Farias, Di Stefano, Ferrantino, Cavezza, Lonardo. Seduti da sinistra: Palumbo, Meriano, Verde, Banfi, Carfora, Camorani, Barbato.

Hanno detto:

Sibilia (in un’intervista dell’epoca): “Questo è un altro passo della resurrezione dell’Avellino, dopo anni dove le figuracce e i forfait sono stati all’ordine del giorno. Il settore giovanile è la pietra miliare dei club, specie al Sud, e abbiamo dimostrato contro l’Inter che con accortezza e serietà si va lontano. Siamo allo stesso livello, anzi sopra quei club che si pavoneggiano di essere i migliori. Quanto ai nostri ragazzi della Berretti, sono stati encomiabili: con tanta volontà e grande cuore hanno battuto dei veri giganti dal punto di vista fisico, il più basso degli avversari equivaleva a quello più alto dell’Avellino”.

Bini (allenatore dell’Inter, in un’intervista dell’epoca): “Abbiamo giocato su un campo che lasciava molto a desiderare. Le partite durano novanta minuti e noi purtroppo abbiamo giocato alla grande solo per settanta, lasciando poi ampi spazi ai giocatori irpini che non hanno rubato proprio nulla”.

Bini, tecnico dell’Inter

Cavezza Vincenzo: “E’ stato un periodo fantastico. Ho trascorso cinque anni nelle giovanili dell’Avellino, dagli allievi ai giovanissimi, fino alla Berretti. C’era un grande gruppo che con il tempo si rafforzò molto. La vittoria dello scudetto è stata un’impresa straordinaria. Nella gara contro l’Inter in tribuna c’era tutta la prima squadra a vederci. Per l’Avellino ho fatto tanti sacrifici, ogni giorno chiedevo 2-3 passaggi per arrivare agli allenamenti. Camorani, che partiva da Caserta, mi veniva a prendere sull’autostrada!!! Un giovedì, durante una partitella contro la prima squadra, feci un fallo su Luiso. Orrico me ne disse di tutti i colori”.

Lonardo Gaetano: “Ricordo bellissimo, c’era tanto entusiasmo. Facevi parte di un settore giovanile importante, in una società che investiva molto sui giovani. Il gruppo fece la differenza, ci allenavamo con la voglia di emergere anche perché tra noi c’era molto spirito di sacrificio. In squadra c’era qualità con Camorani che faceva la differenza. Montanile era un grande, ti caricava, si vedeva che gli piaceva molto lavorare con i giovani. Nei momenti di tensione riusciva sempre a stemperare la tensione grazie alle sue battute”.

Cannalonga Domenico: “Venivo da due anni negli allievi dove avevo segnato qualcosa come 50 reti. Nell’anno dello scudetto siglai 11 reti, più 2 nella poule scudetto. Non giocai le ultime due gare perché era stato chiamato con la Primavera. Il mio grande rammarico è stato non aver preso parte alla partita contro l’Inter, ma va bene così. Sibilia è stata una persona che ho sempre stimato. Era molto schietto e le cose non te la mandava a dire. Ci teneva al settore giovanile, era presente, ci spiava. Ha creduto in me”.

Cannalonga

Camorani Alfonso: “Sono entrato nel settore giovanile dell’Avellino a tredici anni. Sibilia si è sempre comportato bene con noi e non ci faceva mancare nulla. Il presidente credeva nel settore giovanile, avevamo vitto e alloggio cosa non da poco all’epoca. A qualcuno dava anche un piccolo rimborso spese. Ero solito portare i capelli lunghi, un giorno mi vide Sibilia e mi disse: I capelli lunghi portano solo donne, noi vogliamo i calciatori. Peccato che non ci hanno dato la possibilità di arrivare fino alla prima squadra”.

Criniti Gianfranco: “Ero un ragazzino, l’anno prima Sibilia mi aveva acquistato dal Catanzaro spendendo anche dei soldi per il mio cartellino. Terminata la stagione la società mi prospetta un altro anno nella Berretti. Per me non era un declassamento ma volevo fare la Primavera. Ad Avellino non c’era questa possibilità così mi presento in sede per ritornare nuovamente al Catanzaro. Sibilia mi guarda, mi ringrazia per il gol contro l’Inter e mi ridà il cartellino. Poteva chiedermi dei soldi ma non lo fece”.

Farias Edmondo: “Venivo dal Renato Curi di Pescara dove avevo fatto 78 reti negli allievi. Mi dividevo tra Primavera e Berretti, qualche volta mi allenavo anche con la prima squadra. L’esperienza in Irpinia è tra i ricordi più belli della mia carriera, sono stato veramente bene. Con l’Avellino ho siglato il mio primo gol tra i professionisti (Avellino-Casarano 1-0, 1996/97). Ricordo che Sibilia voleva regalarmi dei pacchetti di caramelle dopo quella rete segnata”.

Farias

Ferrantino Raffaele: “Al termine della stagione io, Verde e Lonardo, tutti e tre del ’78, veniamo chiamati dalla società per andare all’Inter. L’allenatore dei neroazzurri, Bini, voleva portarci a Milano. Sembrava tutto fatto tant’è che già stavamo con le valige in mano per partire. Alla fine non si fece più niente. Sono passati più di vent’anni e ancora non ho conosciuto i motivi per cui l’affare non andò in porto. Montanile era un motivatore. Riusciva a mettere grinta in ogni cosa che faceva, sapeva caricarci. Ne ha rotte panchine !!!”.

Scognamiglio Guido: “Chiudemmo il campionato in crescendo e questo ci diede forza per la poule scudetto. Prima della partita contro il Cesena, Montanile scopre me e l’altro portiere Di Stefano intenti a farci il bagno sulla spiaggia di fronte all’albergo dove alloggiavamo. Durante la partita contro i romagnoli Di Stefano prende un gol “evitabile”, fortunatamente ribaltammo il match, ma Montanile ce ne disse di tutti i colori. Al termine della partita contro l’Inter, invece, Sibilia entrò negli spogliatoi con un malloppo di soldi arrotolati. Entrò e disse: Montanì, puort  a magnà e’ uagliune”.

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