Bologna-Avellino 1-0 (1979-80): l’ombra del calcioscommesse

Quando scoppiò il calcioscommesse, nel marzo del 1980, il mondo pallonaro fu scosso nelle sue fondamenta: partite truccate, calciatori venduti, società complici del sistema. Il tutto alle spalle dei tifosi, colpevoli di amare lo sport più bello del Mondo. Insomma, nessuno pensò che una cosa del genere potesse accadere realmente. Alla fine, nel calderone, caddero società importanti come Milan e Lazio, e calciatori di notevole spicco come Paolo Rossi e Giordano. Nella rete anche l’Avellino, tirato in ballo con l’accusa di aver partecipato alla combine di tre gare: Lazio-Avellino 1-1, Avellino-Perugia 2-2 e Bologna-Avellino 1-0. Carlo Petrini, nel suo libro “Nel fango del Dio Pallone”, raccontava, così, i giorni antecedenti alla partita Bologna-Avellino: “Ai primi di febbraio, nei giorni precedenti l’incontro Bologna-Avellino di domenica 10, mi cercarono al telefono prima Cruciani e poi il suo socio Trinca (coloro che fecero scoppiare il calcioscommesse). Ci proposero di combinare quella partita sul pareggio, dissero che quelli dell’Avellino erano già d’accordo. Se l’avessimo fatto, non solo ci avrebbero saldato subito l’assegno posdatato, ma ci avrebbero dato altri trenta milioni in contanti.”.  Come finì la partita? 1-0 per il Bologna e addio combine. L’Avellino di Marchesi è una delle squadre più in forma del campionato, i lupi arrivano alla trasferta di Bologna con all’attivo sei risultati utili consecutivi (14°-19°): vittorie contro Milan e Catanzaro, pareggi contro Perugia (altra partita entrata nel calderone del calcioscommesse), Roma, Lazio e Torino. Dando uno sguardo alla classifica, essa recita: Inter 27, Milan 22, Avellino, Juventus, Perugia e Roma 21. In quel di Bologna, l’Avellino cerca continuità di risultati, quindi, il pareggio rientra tra le opzioni possibili, Petrini:  “Ne parlai subito con Savoldi, Dossena, Colomba, e poi con Zinetti e Paris. Alla fine decidemmo di accettare, ma di non parlarne con gli altri. Il rischio di un accordo-pareggio deciso da soli sei giocatori e all’insaputa degli altri era ripagato dal fatto che i 30 milioni promessi li avremmo divisi per sei anziché con tutta la squadra. Richiamai Cruciani e Trinca: gli feci credere che tutti i giocatori del Bologna fossero d’accordo, e chiesi garanzie che saremmo stati pagati; loro mi dissero che la domenica mattina, prima della gara, si sarebbero fatti vedere mostrandoci materialmente i 30 milioni in contanti che ci avrebbero consegnato alla fine della partita-pareggio. A mezzogiorno di domenica Trinca si presentò da solo al ristorante “Da Pedretti”, dove noi del Bologna stavamo pranzando. Capii che era lui perché si avvicinò al tavolo che dividevo con Savoldi, Colomba e Dossena, e aprì il giubbotto mostrando le tasche interne piene di bigliettoni. Non giocai quella partita, l’allenatore mi tenne in panchina. Prima dell’inizio, accompagnai Trinca in tribuna, poi tornai negli spogliatoi e avvicinai Stefano Pellegrini dell’Avellino (mio ex compagno di squadra nella Roma): gli dissi di non parlare dell’accordo, in campo, perché la metà della nostra squadra non ne sapeva niente”. La partita, almeno nei primi quarantacinque minuti, è a senso unico. L’Avellino, infatti, nel primo tempo sciupa almeno tre limpide occasioni da rete, la più pericolosa con C. Pellegrini che, al 23’, si vede respinto dal palo una conclusione a botta sicura. Petrini continua: ”Il primo tempo si concluse sullo 0 a 0, anche perché l’Avellino mancò tre facili occasioni da gol. Ma al venticinquesimo della ripresa successe il patatrac. Dopo un lancio di Dossena, Mastropasqua nei pressi dell’area piccola colpì di testa, la palla si stava avviando fuori dal campo, ma Savoldi anticipò il difensore dell’Avellino Di Somma e cacciò la palla in rete. Io, dalla panchina, gli mandai tutte le maledizioni che conoscevo: adesso farli pareggiare sarebbe stato praticamente impossibile, perché fra noi sei d’accordo per il pari non c’era neanche un difensore. Infatti il risultato non cambiò più, e la partita finì 1 a 0 per il Bologna. Una tragedia”. Nei spogliatoi anche l’allenatore del Bologna, Perani, ammette il <furto>: “Forse i nostri avversari non meritavano di perdere”. In casa irpina non mancano dichiarazioni al veleno, Marchesi: “Una partita che se fosse finita in parità avrebbe tolto qualcosa a noi. Incredibile il modo come abbiamo perso. Questa sconfitta ha origini che vanno al di là di quello che le squadre hanno fatto in campo”, dichiarò ai giornalisti presenti, e l’attaccante De Ponti: “Io ho la residenza a Bologna, e un giorno avrò la possibilità di vedere Perani per dirgli quello che penso di lui”. Sulla stessa linea d’onda C.Pellegrini: “L’Avellino ha perso la sua miglior partita giocando da grande squadra”. Anche i titoli delle varie testate giornalistiche, con il senno di poi, lasciano poca immaginazione: “L’Avellino di lusso riesce a perdere” oppure “L’Avellino gioca, Savoldi segna”. Petrini continua: “Noi sei rientrammo negli spogliatoi in preda al panico, e lasciammo lo stadio in fretta da un’uscita secondaria. Trinca era davanti all’uscita principale e gridava: «Dove sono quei due figli di puttana!?» – ce l’aveva con me che avevo garantito il pari, e con Savoldi che aveva segnato il gol. Quelli dell’Avellino erano furibondi. Il vero problema non era tanto la rabbia dei giocatori dell’Avellino, quanto le ripercussioni sul giro delle scommesse clandestine. Era chiaro che quell’idiota di Savoldi l’aveva combinata grossa, e che ci sarebbe stata una reazione a catena. Noi sei ci rifugiammo nelle nostre case, in attesa che la bomba scoppiasse”. E la bomba scoppiò una manciata di giorni dopo, verso la fine di febbraio, annunciata da titoloni sui giornali. A far saltare il banco proprio il mancato pareggio tra Bologna e Avellino. Il 1 marzo del 1980, uno dei due scommettitori, Trinca, presenta una denuncia alla Procura di Roma con tanto di nomi e partite, dichiarando: “L’ultima partita su cui scommettemmo fu Bologna-Avellino. Durante la settimana prendemmo contatti con Stefano Pellegrini e altri giocatori dell’Avellino. Loro dissero: “Non c’è bisogno di accordi né di soldi: pareggiare a Bologna ci sta bene”. Per il Bologna ci accordammo con Petrini, Savoldi, Paris, Zinetti, Dossena e Colomba… La partita non rispettò le promesse: il Bologna vinse 1 a 0, noi perdemmo tutti i soldi, e a quel punto eravamo completamente rovinati. Avevamo un debito con gli allibratori clandestini di ben 950 milioni. Soldi che, in gran parte, ci erano stati truffati dai calciatori. Non ci restava che una cosa da fare: l’esposto alla Magistratura”. L’Avellino, tirato in ballo con altre due gare (Lazio-Avellino 1-0 e Avellino-Perugia 2-2), al momento delle sentenze, venne scagionata da ogni accusa per la gara contro il Bologna, beccandosi cinque punti di penalizzazione quando venne ritenuta colpevole per la combine contro il Perugia. A differenza dei biancoverdi, il Bologna, per la gara contro l’Avellino, venne ritenuta colpevole e penalizzata di cinque punti, oltre alle squalifiche del Presidente Fabretti (un anno), e dei calciatori Savoldi e Petrini (3 anni ciascuno), mentre vennero assolti Piras, Colomba, Dossena e Zinetti. La frittata era stata fatta, il pallone, ormai, si era sgonfiato.

Savoldi decide la partita

10 febbraio 1980, 20° giornata

Bologna-Avellino 1-0

Bologna: Zinetti 7, Sali 7, Albinelli 5, Paris 6, Bachlechner 6, Castronaro 5 (65’ Mastalli s.v.), Fusini 6, Dossena 5, Savoldi 6, Mastropasqua 5, Colomba 6. In panchina: Rossi, Petrini. All.: Perani.

Avellino: Piotti 6, Beruatto 6,5, Giovannone 6, Boscolo 6, Cattaneo 6, Di Somma 6,5, Piga 6,5, Valente 6, C.Pellegrini 6,5 (68’ Massa s.v.), S.Pellegrini 6, De Ponti 6. In panchina: Stenta, Tuttino. All.: Marchesi.

Arbitro: Casarin 6

Marcatore: 70’ Savoldi

Ammoniti: Cattaneo, Mastropasqua, Paris, Valente

Spettatori: 30 mila circa dei quali 14.586 paganti.

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