La stagione 1981/82 si è chiusa con una tranquilla salvezza, questo permette alla società di programmare in anticipo le scelte di mercato. Nel mese di maggio Sibilia annuncia di aver già acquistato Barbadillo (protagonista con il Perù nei Mondiali di Spagna) e, vista l’ormai imminente cessione di Juary, opziona l’attaccante danese Skov. Il 10 marzo 1982 il Consiglio federale, infatti, allarga a due il numero di stranieri per squadra in serie A. Cambia anche il tecnico. Dopo la tribolata sostituzione di Vinicio con Tobia, a salvezza quasi raggiunta, Sibilia affida la bollente panchina a Marchioro. Il nuovo tecnico, reduce dal triennio di Como chiuso con un esonero, è uno zonista convinto. L’allenatore è affascinato dalle squadre del Nord (“ormai all’estero giocano tutti a zona, e io desidero questo schema” dirà quando allenava il Milan) che preferiscono un gioco d’attacco, giocate rapide e vicine, scambio di ruolo, con giocatori duttili che occupano gli spazi e pressano altissimi le squadre avversarie. Sibilia, una volta incassati i 2 miliardi per la cessione di Juary all’Inter, investe subito il denaro percepito spendendo un miliardo per acquistare Barbadillo dai messicani del Nuevo Leon, investendone altri 500 per ingaggiare dal Bruges Soren Skov. Il presidente è rimasto impressionato da una videocassetta in cui si potevano ammirare le gesta dell’attaccante danese (23 reti nella stagione appena conclusa).
L’acquisto più importante, però, è senza dubbio la conferma di Vignola, dato sicuro partente. Il Milan aveva già in mano l’accordo (2,5 miliardi per il cartellino), poi saltato all’atto delle firme per il dietrofront del presidente rossonero Farina. Sibilia, deluso per il mancato introito, è comunque soddisfatto di aver riconfermato il talentuoso centrocampista: “Abbiamo fatto un grosso sacrificio bloccando per un altro anno un calciatore che aveva una grossa quotazione. Contiamo su di lui per un’attenta regia e per la definitiva esplosione in campionato”. Con la speranza di incassare di più nella successiva sessione di mercato. Anche Marchioro è entusiasta della conferma: “E’ stato il miglior acquisto che potevamo fare”. Da quando Sibilia è al timone della società il calciomercato si rivela sempre ricco di operazioni. Confermata in blocco la difesa dello scorso campionato (Tacconi, Favero, riscattato dal Rimini per 350 miliioni, Ferrari e Di Somma), gli unici innesti del reparto arretrato sono quelli di Braghin dal Varese e Cascione (200 milioni più Venturini) dal Catanzaro. A centrocampo gli unici superstiti sono Tagliaferri e Vignola. Arrivano: Boccafresca dal Conegliano, Centi dall’Inter e l’esterno Limido dal Varese. In attacco, partito Juary, il compito di gonfiare la rete spetta a Skov. Gli altri acquisti del reparto avanzato sono l’estrosa ala peruviana Barbadillo dal Nuevo Leon, Bergossi dalla Spal (1 miliardo per la comproprietà) e Fattori dal Verona. Chiuso il mercato, Marchioro si rivela soddisfatto della campagna acquisti: “La squadra è buona. I nuovi arrivati dovranno inserirsi in un tessuto già collaudato. Si tratta di elementi esperti e anche qualche giovane ha già sulle spalle più di un campionato di A o di B. Ad ogni modo sono convinto che la mia prima esperienza al Sud sarà positiva. Ad Avellino la squadra è una fede. Sarà uno stimolo immenso per un allenatore”.
Particolarmente attiva è anche la casella delle uscite: Di Leo e Piga al Perugia, Pezzella al Lecce (300 milioni), Rossi alla Fiorentina (500 milioni), Facchini alla Pistoiese, Ferrante e Chimenti al Taranto, Giovannelli al Catania (800 milioni), Piangerelli alla Cavese e D’Ottavio al Campobasso. Più un manipolo di giovani ceduti in prestito: Pecoraro e De Napoli al Rimini, Maiellaro al Varese e Marulla al Cosenza. Il mercato alla fine si chiude in attivo di 1,2 miliardi di lire. La zona di Marchioro, però, trova poco riscontro in campo. Dopo un pre-campionato di alti e bassi le prime vere difficoltà si registrano in Coppa Italia. L’Avellino passa il turno, ma il gioco latita. La squadra dimostra di non avere ritmo, soprattutto di non avere idee dalla tre-quarti in avanti. Pari esterno contro l’Atalanta (1-1); vittoria al Partenio contro la Lazio (2-1); sconfitta contro il Napoli (1-2); seconda vittoria del girone in quel di Salerno contro la Salernitana (2-1); seguito dal pari contro il Perugia (0-0). Al termine delle cinque gare la classifica recita: Napoli punti 9 punti; Avellino p. 6; Lazio p.5; Perugia e Atalanta p. 4; Salernitana p. 2. Negli ottavi di finale l’Avellino trova la Roma, che avrà la meglio sugli irpini grazie a due vittorie (0-1 e 3-5).
Il campionato
L’esordio in campionato, invece, conferma le difficoltà della squadra. Contro il Torino, l’Avellino dimostra tutte le sue carenze uscendo sconfitto dal Comunale per 1-4. Marchioro, nonostante la sconfitta, cerca di vedere positivo: “Sono contento che una sconfitta come questa sia venuta subito alla prima giornata, così c’è il tempo di rimediare. Da domenica, comunque, si cambia registro”. Dopo la pesante scoppola di Torino l’Avellino reagisce. Contro l’Ascoli (battuto per 2-0) è Barbadillo il mattatore della gara, il peruviano segna la prima rete e propizia l’autorete di Scorsa. Le sue giocate consentono ai verdi di agguantare i primi due punti in classifica: “Questa nuova esperienza è iniziata in maniera incerta, sono felice di aver smentito quanti non credevano in me”. Nonostante sia stato costretto a fare a meno delle sue idee (niente più zona ma marcature rigide e ritorno del libero) Marchioro è al settimo cielo: “Non è tanto un problema di modulo quanto di agonismo e voglia di vincere. Abbiamo giocato una grossa partita”. In quel Cesena arriva la seconda sconfitta stagionale (0-2). Sono passate solo tre giornate ma Sibilia inizia a mugugnare: “Quello lì (Marchioro, ndr) non indosserà il cappotto ad Avellino”. Il primo a salire sul banco degli imputati è Vignola. Sibilia, dopo l’enorme sacrificio fatto in estate, rimprovera aspramente il calciatore di scarso impegno e di essere venuto meno alle attese della società. Convocato in sede per un confronto, tra i due volano parole grosse e anche uno schiaffo sul volto del calciatore: “Mi ha chiamato coniglio e io ho risposto piuttosto aspramente, ma lui ha avuto una reazione che neppure mio padre ha mai avuto nei miei confronti. A questo punto ho detto che se non si ha fiducia in me è meglio cedermi”. Vignola minaccia l’addio poi il caso rientra.
Contro il Cagliari c’è già clima da ultima spiaggia. La settimana antecedente la partita è stata burrascosa, le contestazioni si sono sprecate. Nel mirino dei tifosi ci sono finiti allenatore e qualche calciatore fuori forma, più il caso Vignola che non ha certamente aiutato l’ambiente avellinese. Contro i sardi, però, non si va oltre uno scialbo 0-0 (complice anche due legni presi dagli irpini). Il mal di trasferta prosegue a Verona, contro gli scaligeri arriva puntualmente la terza sconfitta esterna (0-3). Dopo cinque gare l’Avellino è penultimo in classifica: Cagliari, Napoli e Avellino punti 3; Catanzaro p. 2. Inoltre la squadra irpina è una delle meno prolifiche (solo 3 reti), oltre ad essere la seconda difesa più battuta del campionato (9 reti al passivo, tutte incassate lontano dal Partenio). L’esonero è la logica conseguenza. Dopo 5 giornate salta la prima panchina di A ed è quella di Marchioro. Per Sibilia l’unico modo per risollevare la squadra è cacciare l’allenatore: “Ci vuole una svolta, ci vuole una novità per scuotere l’ambiente. Incominceremo dall’allenatore”. Marchioro (“Dopo Cesena sono incominciate le manovre per allontanarmi, la società non ha voluto difendermi”) si “consola” con 50 milioni di buonuscita oltre ai 10 già incassati, più 1500 kg di limoni messi in palio da un paesino vicino Palermo, Campofelice di Roccella, per il primo allenatore di serie A esonerato. Al posto di Marchioro arriva Veneranda, già in contatto con la società da un paio di settimane. Il tecnico, esordiente in massima serie, firma un contratto da 60 milioni più 20 in caso di salvezza: “L’Avellino mi offre una grossa occasione e farò di tutto per non sciuparla. Allenare una squadra di serie A è l’ambizione di tutti gli allenatori. Farò del mio meglio per dimostrare di essere in grado di assolvere il compito assegnatomi. Conosco tutti i calciatori, in particolare Vignola. E’ un giocatore di classe, ma un uomo non è la squadra. È probabile, comunque, che chieda al presidente qualche rinforzo”.
Contro la Fiorentina è la partita del riscatto. Veneranda decide di non stravolge la squadra dell’ultima domenica (per 9/11 la formazione è la stessa di Verona), gli unici innesti, infatti, sono Centi e Bergossi. Le reti di Cascione e Vignola stendono la Fiorentina (2-0), al Partenio ritorna il sorriso. Veneranda esordisce nei migliori dei modi in serie A: “La squadra si è mossa con grinta, giocando con notevole impegno. Merito dei ragazzi che hanno saputo ritrovare l’orgoglio e del pubblico che è tornato accanto alla squadra”. Contro il Napoli va in scena il derby tra due squadre in difficoltà. In classifica sta un po’ meglio l’Avellino (5 punti) che arriva al San Paolo con un punto in più dei partenopei. Il pareggio (1-1) consente agli irpini di conquistare, dopo 3 sconfitte consecutive, il primo punto lontano dal Partenio. I rinforzi tanto sperati arrivano nella sessione del mercato di ottobre. Sibilia puntella soprattutto la difesa con gli arrivi di Albiero, in prestito, dal Como e di Osti (400 milioni per la comproprietà) dalla Juventus. Gli altri volti nuovi sono i centrocampisti Schiavi (400 milioni) dalla Sambenedettese, Malaman dalla Spal e Vailati (scambio con Fattori) dal Palermo. Braghin, invece, ritorna al Varese mentre il danese Skov, dato per partente, viene riconfermato. Contro la Juventus, Veneranda getta nella mischia subito i nuovi acquisti Osti e Schiavi. Nonostante il rincaro dei biglietti (dalle 50mila lire per la Montevergine alle 6mila lire per le Curve) il Partenio tocca quasi 30.000 mila persone (20.585 paganti con 294 milioni d’incasso, record stagionale). Il pareggio (1-1, reti di Scirea e Di Somma) permette all’Avellino di continuare il periodo positivo. Veneranda, quattro punti in tre partite, è euforico: “Abbiamo dimostrato di avere cuore da vendere. Non è da tutti rimontare un gol alla Juventus. Si è visto il coraggio di questo Avellino che, con il sostegno del pubblico, sa affrontare chiunque a viso aperto”. Anche Di Somma non sta nella pelle: “Mi si sono annebbiati gli occhi quando il pallone è entrato in rete. È il giorno più bello della mia vita”.
Nella doppia trasferta in Liguria arrivano altri due punti, frutto di due pareggi contro Genoa (1-1) e Sampdoria (0-0). La cura Veneranda sembra dare i suoi frutti. Dopo 10 giornate la classifica recita: Genoa e Avellino punti 8; Ascoli, Napoli e Cagliari p. 7; Catanzaro p. 5. Dopo cinque risultati utili consecutivi (6°-10°; 6 punti conquistati) l’Avellino perde in casa contro l’Inter (1-2). Quella contro i nerazzurri sarà l’unica sconfitta interna della stagione. Non va meglio alla 12° giornata quando i lupi escono sconfitti anche da Pisa (0-2). L’Avellino ripiomba in terzultima posizione: Fiorentina, Genoa e Ascoli punti 10; Avellino p. 9; Napoli p. 8; Catanzaro p. 7. Il calendario ancora una volta non è benevolo. Dopo Juventus e Inter ecco arrivare al Partenio la capolista Roma. Tra le due squadre ci sono ben 9 punti di differenza. L’Avellino non accusa il gap e porta a casa l’ennesimo pareggio (1-1). È il peruviano Barbadillo a firmare la rete del pari: “Abbiamo strappato un pari alla capolista compiendo un piccolo passo avanti in classifica”. Dopo Roma, la squadra conquista un punto importantissimo nello scontro salvezza di Catanzaro (1-1), ottenendo nell’ultima gara di andata un altro pareggio (l’ottavo in quindici partite) contro l’Udinese (1-1). Nonostante i segnali di ripresa (9 punti in 10 gare da quando c’è Veneranda) al giro di boa la classifica è ancora deficitaria: Genoa punti 14; Ascoli, Pisa e Avellino p. 12; Catanzaro e Napoli p. 9. Le uniche tre squadre del Sud sono tutte e tre inchiodate sul fondo della classifica. Nonostante una prima parte di campionato sotto le aspettative l’Avellino è in netta ripresa. Sibilia, infatti, è convintissimo che la salvezza non sfuggirà nemmeno in questa stagione: “Sono cinque anni che partiamo sempre con il pronostico contrario, tutti ci danno per retrocessi sicuri, ma, alla fine, riusciamo sempre a cavarcela. È questione di abitudine. Ormai siamo specializzati nei salvataggi in extremis. Nel girone di ritorno avremo otto partite in casa, contro squadre di pari grado, e ci potremo rifare. Nel girone di andata abbiamo incontrato le grandi tra le mura amiche, eppure siamo riusciti a cavar fuori punti preziosi. Non ci riteniamo in pericolo, anche se siamo con le orecchie attente”.
L’Avellino sfrutta a dovere il secondo impegno interno consecutivo e batte, nella prima giornata di ritorno, il più quotato Torino (2-0). Dopo la sconfitta nello scontro diretto in quel di Ascoli (1-2), l’Avellino piazza un break di tre risultati utili consecutivi (18°-20°) contro Cesena (1-0); Cagliari (1-1) e Verona (3-0). Particolarmente significativi sono i due punti conquistati contro Verona, seconda forza del campionato, che dopo la sconfitta del Partenio dice addio allo scudetto. Dopo 20 giornate la classifica inizia a sorridere agli irpini (7 punti da quando è iniziato il ritorno) arrivati a quota 19 punti, 3 in più dell’Ascoli terzultimo. Dopo l’entusiasmante vittoria contro il Verona, l’Avellino cade prima contro la Fiorentina (0-3), pareggiando poi 0-0 contro il Napoli. Nonostante una bella cornice di pubblico (20.199 paganti con 190 milioni d’incasso), il derby lascia poco spazio alle emozioni. Veneranda, comunque, è soddisfatto del punto: “La paura di perdere può consigliare prudenza e dalla prudenza deriva la mancanza di gioco. Il caldo ha certamente influito in maniera decisiva”. La partita è stata talmente noiosa che, al termine dei 90 minuti, il grido di venduti accompagna le due squadre negli spogliatoi. Trasferta proibitiva quella della 23° giornata. La Juventus, ritornata prepotentemente in corsa scudetto, si sbarazza facilmente della truppa di Veneranda (1-4). Il doppio impegno casalingo (24° e 25°) capita nel momento migliore della stagione. L’Avellino liquida facilmente il Genoa (2-0), ottenendo un altro punto prezioso contro la Sampdoria (0-0). A cinque giornate dalla fine la classifica recita: Avellino e Genoa punti 23; Ascoli e Pisa p. 22; Napoli p. 20; Cesena p. 18; Catanzaro p. 13. Tutte le certezze casalinghe si dissolvono lontano dal Partenio. Contro l’Inter (0-2) arriva l’ennesimo stop esterno, seguita dalla vittoria interna contro il Pisa (1-0 alla 27°). L’Avellino è una sorta di dottor Jekyll e mister Hyde: spietato in casa ma vulnerabile in trasferta. La vittoria contro i toscani, comunque, è un altro tassello per la salvezza: Genoa, Avellino e Cagliari punti 25; Pisa e Napoli p. 23; Ascoli p. 22; Cesena p. 21; Catanzaro p. 13. La gara contro la Roma chiude il cerchio delle trasferte proibitive (Fiorentina, Juventus, Inter prima della gara all’Olimpico). La squadra di Liedholm, prima in classifica, batte l’Avellino (0-2) e si accinge a festeggiare lo scudetto, che arriverà la domenica successiva. Gli irpini invece conquistano il loro di scudetto, la salvezza, a 90’ dal termine, quando battono il Catanzaro (4-0). La stagione si chiude con il pareggio (1-1) contro l’Udinese. L’Avellino termina il campionato 1982/83 in nona posizione con all’attivo 28 punti.
Allenatori
La nomina di Marchioro nuovo allenatore aveva fatto storcere il naso a più di qualcuno. Il tecnico è un sostenitore della zona, niente libero, gioco tutto in velocità e pressing asfissiante. La sua squadra corta (tutti in 20 metri con un baricentro elastico) ha avuto il periodo di grazia nella stagione 1975/76, quando chiude il campionato alla guida del Cesena in sesta posizione, ottenendo una sorprendente qualificazione in Coppa Uefa. La chiamata del Milan sembra aprire le porte del paradiso al tecnico, ma la sua innovativa zona non è ancora matura (cosa che invece farà Sacchi una decina di anni dopo), l’esonero, infatti, arriva dopo 15 giornate. Marchioro riparte da Cesena (sceso intanto B), poi un triennio ad alterne fortune in quel di Como (promozione in A, salvezza il secondo anno ed esonero il terzo). “Rincorrevo Marchioro da tre anni” sono le parole di Sibilia dopo la nomina del tecnico, ma già alle prime apparizione l’Avellino non convince. Dopo la sconfitta all’esordio contro il Torino, l’allenatore abbandona la zona e ritorna al libero. Cambia poco. Dopo cinque partite ecco l’esonero. Il nome di Veneranda quale sostituto circola negli ambienti avellinesi già prima dell’allontanamento di Marchioro. Il nuovo tecnico è un esordiente in massima serie, prima di approdare in Irpinia ha allenato (senza ottenere risultati tali da giustificare una chiamata dalla A) Palermo (tre anni); Verona (dove in squadra c’era un giovanissimo Vignola); ancora Palermo e Foggia. Con Veneranda in panchina la musica cambia radicalmente. Complici gli acquisti di ottobre (Osti, Schiavi e Vailati su tutti) Veneranda riesce a dare una fisionomia ben definita alla squadra, con Vignola punto di riferimento. Fuori il deludente Skov dagli undici iniziali, al fianco di Vignola ci sono Bergossi o Barbadillo nel ruolo di punta, mentre l’out destro viene rifondato completamente dalla coppia Osti-Schiavi. Con Veneranda alla guida, l’Avellino ottiene 25 punti in altrettante partite (7 vittorie, 11 pareggi e 7 sconfitte) con una media di 1 punto a gara. Davvero niente male.
Note
Il Partenio è sempre stato l’ancora di salvezza per agguantare la permanenza in massima serie. Nella stagione 1982/83, fuori casa l’Avellino non riesce proprio vincere (0 vittorie e 6 pareggi in 15 gare), la salvezza deve passare obbligatoriamente dall’Irpinia. Vignola e company al Partenio, infatti, lasciano praticamente le briciole: 8 vittorie, 6 pareggi e una sola sconfitta (1-2 contro l’Inter). Ma la cosa che più risalta sono le sole 5 reti subite da Tacconi in casa. L’estremo difensore incassa l’ultima rete al Partenio nell’ultima gara di andata (Avellino-Udinese 1-1, marcatore Virdis al 69′). Nelle restanti otto gare disputate in casa, Tacconi rimane imbattuto per tutto l’arco del girone di ritorno, toccando quota 741 minuti d’imbattibilità. Un vero record! L’Avellino, non a caso, risulterà, insieme ad Ascoli, Juventus, Roma, Sampdoria e Udinese, la squadra con meno sconfitte tra le mura amiche. Oltre ad essere la compagine ad aver subito meno reti in casa: solo 5. Inutile dire che 22 dei 28 punti conquistati sono arrivati dalla fortezza Partenio.
La squadra
Per il terzo anno consecutivo Tacconi (1957; 30/-34) ha difeso la porta irpina, risultando uno dei migliori portieri dell’intero torneo. La chiamata della Juventus è stata una logica conseguenza. Cervone (1962; 1/0), dopo un anno da dodicesimo in attesa della titolarità, gli spazi sono stati davvero minimi. Il pacchetto arretrato è stato l’unico reparto che non ha subito stravolgimenti. Tacconi tra i pali, l’eterno Di Somma (1948; 27/1) nel ruolo di libero, Favero (1957; 30/0) ha confermato le sue doti di ottimo marcatore, mentre Ferrari (1955; 26/0) ha garantito continuità sul versante sinistro. A destra, il ruolo dell’altro marcatore è stato preso da Osti (1958; 23/1). Cascione (1961; 12/2) è stato la prima alternativa ai titolari, mentre gli spazi per Albiero (1960; 2/0) e Aversano (1960; 2/0) sono stati davvero minimi. Il terzino Braghin (1959; 4/0) è stato ceduto ad ottobre. A centrocampo, Tagliaferri (1959; 26/2) e Centi (1961; 23/0) hanno svolto prevalentemente compiti di copertura, Schiavi (1959; 21/0), dopo aver preso il posto di Barbadillo sull’out destro, è riuscito a svolgere in modo egregio sia la fase difensiva che offensiva, mentre sul versante opposto Limido (1961; 27/3) ha garantito corsa e cross. Completavano un reparto abbastanza amalgamato Vailati (1955; 18/0) e i giovani Boccafresca (1962; 4/0) e Malaman (1962; 1/0). In attacco si sono registrate le cose più interessanti. Contro ogni pronostico il tandem Vignola-Barbadillo, con all’occorrenza anche Bergossi, ha ben funzionato, soprattutto tra le mura amiche. Il vero talento della squadra è stato Vignola (1959; 30/7): estro, genialità e soprattutto un sinistro di rara bellezza. La vera sorpresa, però, è stato Barbadillo (1954; 30/6). Il nazionale peruviano è partito ala destra per poi ritrovarsi attaccante, ma in entrambi i casi i risultati sono stati eccellenti. La velocità e il dribbling sono stati le sue qualità migliori. La delusione invece è stato Skov (1954; 16/0). Nonostante la fiducia di Marchioro, il danese ha perso quasi subito il posto di titolare. L’arrivo di Veneranda ha costretto l’attaccante a rari spezzoni di gara. Meglio Bergossi (1959; 22/3) utilizzato con più frequenza nell’arco della stagione. Fattori (1961; 1/0) arrivato in estate è stato poi ceduto ad ottobre.
I MIGLIORI: Barbadillo (6,60); Tacconi (6,50); Vignola (6,43).
I PEGGIORI: Skov (5,65); Cascione (5,78); Vailati (5,91).
“Sapevo che ad Avellino avrei trovato numerosi ostacoli nel portare avanti il mio lavoro. Ma non immaginavo mai che lavorare sarebbe stato un compito quasi proibitivo. In città e in società non esiste un briciolo di tranquillità. Si vive di mille turbative, provocate da una società disorganizzata e da un presidente che è un personaggio veramente difficile. Un giorno ti invita a pranzo e ti riempie di gentilezze, il giorno dopo ti attacca con violenza inaudita. Fa così con gli allenatori, fa così con i giocatori. Le sue ingerenze nel contesto della squadra sono continue. Io ho commesso un errore; ho accettato di guidare una squadra costruita da lui e non da me”.
Giuseppe Marchioro, allenatore U.S. Avellino
“Mi dissero vieni in Italia, ti portiamo in una squadra che lotterà per il quarto o quinto posto. Io arrivavo dal Messico, avevo vinto tanto, ero un giocatore importante anche in Nazionale. Sbarcai a Fiumicino, salimmo in macchina e mi dissero: è qui dietro, arriviamo subito. Partiamo e non arriviamo mai, finché mi incazzo. Ma come, in Perù vicino significa 10 minuti, non ore. Poi arrivai nella zona di Avellino. Un incubo. Pioggia e le case distrutte del terremoto di due anni prima. Io avevo portato con me la mia famiglia, mi girai verso di loro e gli dissi: Ma dove siamo finiti?”.
Geronimo Barbadillo, centrocampista
“Arrivo ad Avellino, Sibilia mi fa spogliare e mi esamina come si fa con i cavalli. Mi guarda e dice: Cumpà, tieni è gambe storte ma va bbene ppe fa’ e dribblìng. Ci sta sul nu’ problema: te aià taglià è capill”.
Geronimo Barbadillo, centrocampista
“Avellino-Ascoli, seconda di campionato, il primo tempo termina 0-0. Scendiamo negli spogliatoi e arriva Sibilia. Guarda Vignola e urla: “Che cazzo fai? Pari na’ signurina”. Poi Limido: “Si nu cavall pazzo: corri e basta, nun crossi maje”. Io, spaventatissimo, mi avvicino a Di Somma: “Ditegli di smettere o non gioco più”. E lui: “Ma no, Gerry, è normale, il presidente è così”. Mi avvicino a Tacconi, stessa risposta. Allora inizio a cambiarmi e vado a fare la doccia: “Adios, torno in Messico”. Arriva mister Marchioro: “Gerry, devi capire e bla bla bla”. Mi convincono, mi rivesto e torno in campo: 2-0 per noi e gol mio. L’inizio dei momenti belli”.
Geronimo Barbadillo, centrocampista
“Non stavamo giocando bene. Ci fu un faccia a faccia. Lui (Sibilia, ndr) imprecava contro di me. Io gli risposi: “Se non le vado bene, mi dia i soldi che avanzo e mi venda”. Mi dette una sberla che tentai di schivare. Gli mancai di rispetto, secondo lui. Boh, forse sbagliai a pormi in quel modo. Di certo oggi non lo rifarei. Ho tentato di scansarmi e comunque non mi ha mai chiesto scusa”.
Beniamino Vignola, attaccante
“Trovai subito l’intesa giusta con Di Somma, eravamo una coppia di difensori spietata. Soprattutto quando si giocava in casa per gli attaccanti avversari erano dolori. Diciamo che io e Di Somma rappresentavamo in campo il carattere della gente d’Irpinia”.
Luciano Favero, difensore
“Sarà impossibile ripetere i 23 gol realizzati al Cercle Bruges perché le difese italiane sono più arcigne. Però sui 10-12 gol penso mi potrei assestare senza troppa fatica. Se mi devo descrivere mi definirei un attaccante moderno in grado di muoversi in ogni parte del campo e capace di sfruttare ogni occasione favorevole sia di piede (non fa differenza destro o sinistro) sia di testa…”.
Soren Skov, attaccante