Nei suoi dieci anni trascorsi in serie A, raramente l’Avellino ha fallito l’acquisto del suo straniero: Da Juary a Barbadillo, da Diaz a Dirceu, passando per Schachner, pochi, invece, i flop (Skov e Batista). Uno è rimasto particolarmente impresso nella memoria dei tifosi avellinesi per l’incredibile “avventura” in Irpinia, d’altronde, l’esperienza in biancoverde del greco Anastopoulos è tutta racchiusa in questa sua frase: “Ho difficoltà con la lingua in campo, penso in greco, traduco in italiano e, nel frattempo, il pallone se n’è già andato”. I numeri, d’altronde, parlano chiaro: sedici presenze e zero reti, con l’Avellino ritornato in serie B dopo dieci anni trascorsi in massima serie. Facciamo un passo indietro, estate del 1987, dopo la partenza del brasiliano Dirceu, l’Avellino libera la casella degli stranieri e si mette alla ricerca di una punta da affiancare all’austriaco Schachner, nonostante i gravi problemi che affliggono la società avellinese. Il Presidente Graziano, dopo un periodo di latitanza, viene arrestato. Padrone di un’azienda chimica (è lui che produce il detersivo Dyal, sponsor della squadra), realizza il famoso “Tnt”, il tessuto non tessuto, le lenzuola sottili utilizzate su tutti i treni d’Italia e saranno proprio quelle che lo manderanno in cella, per una storia di finanziamenti illeciti. Mancano, quindi, i fondi necessari per un’eventuale campagna acquisti e i soldi incassati per la cessione di Alessio (quasi sei miliardi), servono per ripianare il deficit. Nonostante la crisi societaria, l’Avellino accontenta Vinicio e dall’Olympiakos ingaggia l’attaccante Nikos Anastopoulos, centravanti titolare della Nazionale greca, il tutto alla “modica” cifra di 52 milioni di dracme (al cambio dell’epoca quasi 300 milioni di lire), facendo firmare, al baffuto attaccante, un contratto biennale da 200 milioni di vecchie lire. Il primo a essere entusiasta dell’acquisto è proprio il tecnico brasiliano Vinicio: “Si tratta di un attaccante molto mobile, dotato di grande tecnica e vasta esperienza internazionale. Anastopoulos l’ho voluto io e credo che con Schachner formerà un tandem d’attacco veloce e redditizio. È un nazionale greco, il nostro torneo è adatto alle sue caratteristiche”. In Grecia, infatti, è un vero e proprio idolo. Esordisce in massima serie con la maglia del Panionios, squadra di media bassa classifica, con cui vince una Coppa di Grecia. Dopo 117 presenze e 25 reti passa all’Olympiakos, esplodendo definitivamente. Con i biancorossi vince quattro scudetti, come quattro, sono le volte che si laurea capocannoniere, aggiudicandosi la Scarpa di Bronzo nella stagione 1982/83 (29 reti).
Il greco ha alle spalle anche una certa esperienza in campo internazionale, titolare della propria Nazionale (64 presenze e 25 reti al suo arrivo in Irpinia) ne fa il massimo goleador della storia, inoltre, ha giocato gli Europei del 1980, oltre a tutte le competizioni europee. Ha disputato tre edizioni della “vecchia” Coppa Campioni (10 presenze e 5 reti), due le partecipazioni in Coppa delle Coppe (8/6) e una in Coppa UEFA (4/2), un bottino niente male. Al momento della sua cessione in Italia, la stampa greca esalta il proprio “figlio”, uno dei maggiori prodotti calcistici locali approdare nel campionato più bello e difficile d’Europa, insomma, una vetrina per tutto il calcio greco che, prima dell’arrivo di Anastopoulos, aveva visto giocare in Italia un solo ellenico, tal Ragona che collezionò quattro presenze in serie A nel Bari durante la stagione 1946/47. Anastopoulos, quindi, fa da apripista e si ritiene un messaggero del suo Paese:” Il calcio greco potrebbe schierare almeno una dozzina di giocatori in grado di non sfigurare. Io ho la responsabilità di fare da battistrada”.
Attaccante tecnico e abile in elevazione, nonostante il fisico recita 1,76 cm per 69 kg, dalla Grecia, oltre alle 115 reti segnate con l’Olympiakos, si porta dietro parecchi nomignoli: “Il baffo del Pireo”,” Il Maradona greco” e soprattutto, una volta arrivato in Italia, “Il Virdis del Partenone”, per via della sua somiglianza con l’attaccante milanista (“E’ lui che somiglia a me” dirà). Titoloni anche sulle testate sportive italiane: “Dal Partenone al Partenio”, oppure “E’ sceso dall’Olimpo il capocannoniere dell’Avellino (Gazzetta dello Sport), con il greco pronto a far parlare di sé stesso anche nel Bel Paese: “Ora il mio sogno è che la stampa parli anche di me, oltre che di Gullit e Van Basten. Farò di tutto per costringerli a suon di gol”. Da eroe in Patria, a comune mortale: “E’ una sfida con me stesso. Potevo benissimo restarmene in Grecia, li ero una sorte di eroe nazionale. Se ho deciso di venire in Italia non è tanto per i soldi. Avevo bisogno di mettermi alla prova in una situazione diversa, di avere altri obiettivi”. Ma la Grecia non è l’Italia e l’Avellino non è l’Olympiakos. Le prime notizie negative arrivano dal ritiro: “Ho visto subito che qui la musica è diversa. La preparazione, per esempio, è stata massacrante. Ne ho risentito, bloccandomi per una settimana”.
L’intesa con Schachner latita e il pre campionato dell’Avellino si rivela abbastanza anonimo. Le cose sembrano cambiare (in positivo) nelle prime apparizioni in Coppa Italia, il greco cancella tutti i mugugni dei tifosi e realizza una doppietta contro la Sambenedettese (3-0), firmando il gol vittoria contro il Piacenza (1-0), tre reti in due gare. Purtroppo rimarranno le uniche segnate in biancoverde. In campionato Vinicio gli rinnova la fiducia, Anastopoulos è titolare inamovibile nelle prime quattro gare di campionato, ma il greco non incide. Prima della trasferta di Firenze, il Presidente Graziano silura l’ellenico, suggerendo a Vinicio di optare per una formazione con una sola punta (Schachner). Alla 5° di campionato, con Anastopoulos in tribuna, i lupi escono sconfitti dal Franchi, Vinicio (sceso in campo con un solo attaccante), dopo due punti in cinque gare dà le dimissioni. Al suo posto arriva Bersellini che, almeno inizialmente, decide di puntare, ancora una volta, sul bomber greco. L’Avellino, intanto, è sempre sul fondo della classifica e nemmeno la cura Bersellini sembra funzionare. Alla 10°, dopo il pari interno contro il Como (1-1), Graziano “consiglia” al tecnico di mettere fuori rosa l’attaccante, sempre più oggetto misterioso. Ed effettivamente le apparizioni del greco si fanno sempre più rare, finendo spesso e volentieri in tribuna. Per rivederlo titolare bisogna aspettare la 20° (dopo tre mesi dall’ultima volta), quando Bersellini lo getta nella mischia contro la Fiorentina (senza incidere), giocando, dall’inizio, anche nella trasferta di Cesena, ma il gol rimane sempre un’utopia.
L’Avellino, intanto, sempre alla disperata ricerca di punti salvezza, tenta l’ennesimo miracolo sportivo. Dopo un girone d’andata disastroso (chiuso con sette punti), la truppa di Bersellini piazza, nel finale di campionato, risultati importanti. Batte la Juventus, poi, dopo lo stop esterno contro la Sampdoria, piazza quattro risultati utili consecutivi (24°-27°). La vittoria, nello scontro diretto, contro il Pisa, permette ai lupi di abbandonare la penultima posizione a svantaggio proprio dei toscani. Alla 28° l’Avellino perde ad Ascoli, vincendo, la domenica successiva, contro l’Empoli. La lotta per non retrocedere è ancora aperta, a 90’ dal termine, la classifica recita: Empoli 18 (retrocesso in B), Pisa e Avellino 22, Ascoli 23. Nell’ultima gara della stagione, l’Avellino è costretto a vincere per salvarsi, un eventuale arrivo a pari punti con il Pisa, premierebbe, infatti, proprio l’Avellino. Bersellini, salito a Milano senza Schachner, si trova costretto a concedere una maglia da titolare ad Anastopoulos. Sarebbe bastato un gol, un maledetto gol, per cambiare le sorti dell’Avellino e di Anastopoulos stesso, ma quel gol non arriverà mai. Dopo la rete del pari firmata da Gazzaneo, l’Avellino si trova in superiorità numerica causa l’espulsione di Scifo al 35’ del primo tempo. Ci pensa proprio Anastopoulos a ristabilire la parità numerica, facendosi espellere per una gomitata a Bergomi. Terminava così, nei peggiori dei modi, la fallimentare esperienza di Anastopoulos in biancoverde, con l’Avellino, ritornato in B, dopo i dieci anni trascorsi in serie A. Sedici presenze e zero reti…… un vero e proprio Pianto greco.